Secondo i risultati di un nuovo studio, gli esseri umani avrebbero diffuso tra gli animali molte malattie di cui si sono contagiati, essendo responsabili dello spillback di virus nel regno animale. E non è avvenuto di rado, ma molto più di quanto si possa credere
Un recente studio condotto dalla Georgetown University e pubblicato proprio in questi giorni sul giornale scientifico Ecology Letters ha dimostrato che l’essere umano sarebbe responsabile innumerevoli volte dello spillback ossia del “contagio di ritorno”, trasmettendo le varianti di virus di cui si è ammalato, come il SARS-CoV-2, ad altri esseri viventi come animali domestici e selvatici.
La scienza utilizza la terminologia “spillover” e “spillback” per riferirsi rispettivamente ad un salto di specie dei patogeni nelle zoonasi e ad un contagio inverso.
Sebbene tutt’oggi si ipotizzi che l’epidemia di Covid-19 sia stata innescata da una specie animali, gli esperti concordano sull’assegnare all’umanità la responsabilità del “restituire” alla natura un’ampia gamma di agenti patogeni, avendo riscontrato 97 esempi verificati di trasmissione essere umano-animale. La metà di questi si è verificata in cattività, in strutture quali ad esempio gli zoo dove addetti e veterinari sono in stretto contatto con gli animali.
I dati registrati hanno evidenziato inoltre che più della metà delle volte – 57 casi su 97 – la trasmissione sarebbe avvenuta dall’uomo ai primati. Tuttavia questo dato non è sorprendente perché secondo gli esperti gli agenti patogeni sembrano “saltare” con più facilità tra esseri viventi strettamente imparentati. Questo spillback riguarda comunque anche gli altri animali come elefanti ed uccelli.
L’intento dei ricercatori è stato proprio quello di indagare sullo spillback verso il regno animale e su come questo metta a rischio il benessere e la conservazione di molte specie, compresa quella umana poiché ciò che preoccupa maggiormente la scienza è uno “spillback secondario“, dove sono stavolta gli animali a trasmettere all’uomo i patogeni che hanno ricevuto da questo, con tutte le mutazioni e le nuove varianti sviluppatesi nel corso d’opera.
Sebbene i rischi siano reali e uno spillback secondario molto plausibile, gli esperti affermano che il lungo corso dell’epidemia di SARS-CoV-2 ha consentito alla ricerca di comprendere meglio le dinamiche dello spillback e che in realtà la scienza sembrerebbe più preparata di quanto appare al riguardo.
Fonte: Ecology Letters
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