Come gestire la propria rabbia con la tecnica della tartaruga. La rabbia può diventare una brutta bestia: se per caso le si lascia spazio, si muove dentro come un piccolo drago che emette fuoco ed esige sempre nuovo e maggiore spazio; fa salire il sangue al cervello, annebbia la vista, è un bruciore che divora e può diventare pervasivo, diventando lo stile dominante delle nostre risposte.
Come sottolinea Vittorio Tamburrini nel suo articolo “Colore, percezione e salute” scritto per la Libera Scuola Rudolf Steiner, non è un caso che alla rabbia si associno i colori rosso, nero, verde: “l’espressione “rosso di rabbia” è usata quando la rabbia porta il sangue alla testa, quando si sente di essere in procinto di perdere il controllo di sé”. Verde rimanda alla bile, alla rabbia repressa al quale si impedisce, magari a fatica, di diventare furia, che non si riesce a “digerire” e così corrode piano piano. Nero, infine, è il colore della cecità: il drago dell’ira brucia ogni visione ragionevole.
Non che la rabbia, di per sé, sia necessariamente cattiva o sbagliata: è un’emozione; il punto centrale, piuttosto, è come viene percepita, quale spazio le viene lasciato e come viene agita. C’è il sano impeto di voglia di bene che conduce ad una reazione messa in campo per bloccare un’ingiustizia, una scorrettezza ma senza livore o desiderio di ritorsione. E poi ci sono le altre rabbie, quelle che – anche – covano vendetta, sono cariche di risentimento o diventano un abito, un modo collerico di vivere.
Che la rabbia capiti solo ogni tanto oppure spesso, la differenza, come già detto, è soprattutto data dal modo in cui si la gestisce. E questa è una cosa che si può imparare a tutte le età grazie alla tecnica della tartaruga.
La storia, sì, perché ovviamente c’è sempre una storia che si può raccontare, comincia con una tartarughina a cui non piaceva tanto andare a scuola ma in compenso amava giocare da sola o con gli amici, guardare la televisione e andare fuori, all’aperto. Bisogna dirlo, però, a scuola i compagni erano davvero irritanti: la spingevano, le davano noia, e lei si arrabbiava ovviamente tanto, a volte rispondeva pan per focaccia o diceva cose cattive. Dopo un po’ nessuno volle più giocare più con lei. La tartarughina era arrabbiata e confusa, non capiva bene come fare.
Un giorno incontrò una vecchia e saggia tartaruga che le suggerì che la soluzione era proprio la sua corazza: poteva entrarci dentro ogni volta che si sentiva arrabbiata o quasi sul punto di non controllarsi più. E, continuò: “una volta dentro alla corazza, puoi fare tre cose: puoi dirti di fermarti; puoi fare un lungo respiro o anche due; e per ultimo chiederti qual è il problema”.
Il giorno dopo, a scuola, la tartarughina venne di nuovo infastidita da un compagno: sentì la rabbia salire, le zampette erano calde, il battito del cuore più veloce ma poi si ricordò del consiglio della vecchia saggia tartaruga. E lo seguì: fermandosi, stando dentro di sé, respirando. Quando poi, calmatasi, uscì di nuovo dalla sua corazza vide che il maestro le sorrideva.
Da allora in poi adottò quella strategia: non sempre funzionava, è vero, ma a poco a poco imparò a gestire la sua rabbia. E questo le permise di fare nuove amicizie e apprezzare di più ogni attività che faceva, persino la scuola.
Finita la storia (che fa parte del programma PATHS, Parents and Teachers Helping Students, ed è tratta da “Destructive Emotions”, 2003, The Mind and Life Institute), resta la pratica della tecnica della tartaruga: che prima o poi – nei suoi tre passaggi – potrà probabilmente essere utile più o meno a tutti.
Si tratta di diventare più consapevoli delle proprie emozioni, in primo luogo:
- RICONOSCERLA, cominciare a percepirne i primi segnali.
- A quel punto, è importante FERMARSI: prendersi del tempo, usando anche il proprio corpo, il respiro. Certo, uno degli obiettivi è non reagire impulsivamente ma più determinante è darsi il tempo di sentire, respirare, lasciare andare. Respirare, lasciare andare e guardare cosa sta succedendo: dentro e fuori. Così si può ritrovare la propria centratura, ritornare presenti, vedere correttamente.
- A quel punto, se necessario, l’azione che si sceglierà di fare sarà puntuale e responsabile. EFFICACE. Senza più note urticanti ma con la (giusta) determinazione che può arrivare solo da un sano impeto di rabbia, correttamente gestito.
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Anna Maria Cebrelli