Il sonno sia REM che non REM aiuta il pensiero creativo a risolvere i problemi
Un po’ come i pezzi di un puzzle che piano piano trovano la loro corretta posizione, fornendo un’immagine unica e comprensibile, allo stesso modo il sonno sia REM che non REM aiuta il pensiero creativo a risolvere i problemi.
A indagare questo affascinante aspetto del sonno sono stati gli scienziati dell’Università di Cardiff che hanno studiato proprio il modo in cui il sonno REM e quello non-REM lavorano insieme per aiutarci a risolvere i problemi quotidiani.
Ormai sembra accertata l’influenza del sonno per il pensiero creativo, anche se non è stato ancora compreso il ruolo e quale stadio siano utili in questo senso. Ed è quello che hanno cercato di scoprire i ricercatori britannici, che hanno sviluppato una teoria per spiegare come il sonno REM e non possa facilitare la risoluzione dei problemi creativi in modi diversi ma complementari.
Il cervello addormentato attraversa un ciclo di sonno non REM e REM ogni 90 minuti circa. Nel corso di una o più notti, l’ippocampo e la corteccia si sincronizzano ripetutamente e si disaccoppiano, e questa sequenza di astrazione e di connessione si ripete.
I ricordi conservati dall’ippocampo vengono riprodotti durante il sonno non-REM e, quando rileviamo somiglianze tra di loro, queste informazioni vengono archiviate nella corteccia. Poiché l’ippocampo e la corteccia sono in stretta comunicazione durante questo stadio, Lewis e i suoi co-autori pensano che l’ippocampo controlli in qualche modo ciò che viene riprodotto. Quest’area del cervello preferisce riprodurre elementi simili o collegati tematicamente e ci incoraggia a trovare queste connessioni e a usarle per creare schemi.
“Supponiamo di darti un puzzle in cui hai tutte le informazioni necessarie per risolverlo, ma non puoi, perché sei bloccato”, dice il primo autore Penny Lewis, professore alla School of Psychology della Cardiff University. “Potresti pensare che hai già tutti i ricordi di cui hai bisogno, ma devi metterli insieme, creando dei collegamenti tra loro, integrando aspetti che non stai integrando”
Secondo gli scienziati, questo tipo di ristrutturazione spesso avviene mentre dormiamo, quindi Lewis e i suoi coautori hanno attinto alla letteratura scientifica sul tema, combinandola con dati fisiologici e comportamentali, con l’obiettivo di creare un modello di quello che potrebbe accadere durante ogni fase del sonno.
In base a quanto scoperto, il sonno non-REM aiuta a organizzare le informazioni in categorie utili, mentre quello REM permette di andare oltre queste categorie creando connessioni inaspettate. Durante il sonno REM, d’altra parte, l’ippocampo e la corteccia non sembrano sincronizzati. Quindi, il team di Lewis ipotizza che la corteccia in quella fase sia libera di riprodurre i ricordi in qualsiasi combinazione, indipendentemente dal fatto che siano simili. Di fatto, si creano delle connessioni sorprendenti.
Per spiegarlo semplicemente, gli scienziati della Cardiff University hanno preso come esempio la scoperta di Earnest Rutherford della struttura di un atomo. Lo scienziato aveva basato il suo progetto su qualcosa che poteva sembrare non correlato: il sistema solare. Secondo il modello proposto da Lewis e dal suo team, la conoscenza di Rutherford degli atomi e dei sistemi solari sarebbe stata suddivisa in schemi diversi durante il sonno non-REM. Poi, durante il sonno REM, i ricordi degli atomi sarebbero stati riprodotti insieme a quelli del sistema solare, permettendo una sovrapposizione tra loro e la successiva applicazione dello schema al lavoro dello scienziato.
Nella pratica come si traduce questa teoria? Se abbiamo un problema difficile da risolvere, concediamoci abbastanza notti di sonno, soprattutto se stiamo lavorando a qualcosa che richiede di pensare fuori dagli schemi.
Lo studio è stato pubblicato su Cell.
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Francesca Mancuso