Far fronte alla solitudine nelle nostre città affollate e caotiche può sembrare un'impresa impossibile, ma la natura può aiutarci
Far fronte alla solitudine nelle nostre città affollate e caotiche può sembrare un’impresa impossibile, ma la natura può aiutarci
La solitudine è uno dei mali più pericolosi della nostra società moderna. Acuita anche dalle restrizioni dovute alla pandemia – che hanno costretto moltissime persone a lavorare o studiare da casa, davanti a un PC, o a rinunciare alle visite a parenti ed amici – essa aumenterebbe il rischio di morte del 45% secondo gli scienziati. Insomma, una vera e propria “malattia” che miete più vittime dell’inquinamento, dell’obesità, dell’abuso di alcol. Cosa fare allora per provare a fermare questa piaga sociale?
Un team di ricercatori ha provato a stabilire una connessione fra la solitudine e l’ambiente, dimostrando come questo possa influenzare la nostra percezione dell’essere soli. I risultati della ricerca, raccolti attraverso un’applicazione per cellulare scaricata dai partecipanti, hanno dimostrato che paradossalmente sono sovraffollamento e confusione ad acuire il senso di solitudine (+39%).
Al contrario, quando le persone sono state in grado di stabilire un qualche contatto con la natura – guardando gli alberi, ascoltando il canto degli uccelli – la solitudine è diminuita (fino al 21% in meno). Ecco perché i ricercatori consigliano di aumentare il contatto con la natura anche nelle nostre città e nelle aree più urbanizzate: la presenza di angoli naturali all’interno delle città potrebbe ridurre la solitudine aumentando i sentimenti di attaccamento a un luogo o offrendo maggiori opportunità di socializzazione.
(Leggi anche: Contro la solitudine nascono in Polonia le panchine “happy to chat”, per fare due chiacchiere con persone sconosciute)
Anziché basarsi sui ricordi delle persone in merito alle loro percezioni e ai loro stati d’animo, i ricercatori hanno utilizzato l’app di ricerca Urban Mind per raccogliere dati di cittadini urbani provenienti da ogni parte del mondo, in una sorta di “diario delle emozioni” digitale: le persone sono state invitate varie volte al giorno (per un periodo di 15 giorni) a rispondere a semplici domande sulla solitudine, il sovraffollamento, l’inclusione sociale e il contatto con la natura. I partecipanti allo studio sono stati circa 750, e hanno fornito circa 16.000 valutazioni sul loro sentirsi i benvenuti all’interno della comunità, sulla loro possibilità di avere contatto con la natura e così via. Diciamo che il campione è di studio è piuttosto limitato e pertanto poco rappresentativo di ampie fasce di popolazione.
Questo studio ha provato ad indebolire l’immagine fortemente negativa che viene associata alle città – ovvero come luoghi di isolamento, di frenesia, dannosi per la nostra salute mentale: se da una parte tutto questo è vero, dall’altra esistono degli stratagemmi che possono rendere le città maggiormente inclusive e “a misura d’uomo” – primo fra tutti, quello di includere la natura nel paesaggio urbano per ridurre il senso di solitudine degli abitanti.
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Fonte: Scientific Reports
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