Esiste una condizione clinica per cui chi ne è affetto non è in grado di produrre immagini mentali e immaginare la realtà: è l'afantasia
La capacità di immaginare cose che non ci sono realmente fa parte di noi sin dall’infanzia. Sin da quando siamo bambini, infatti, siamo in grado di ricreare con la mente immagini, sensazioni, suoni e odori, basandoci sulla rielaborazione dei ricordi e delle esperienze pregresse.
Nella generazione e nel mantenimento delle immagini nella mente è coinvolta una vasta rete di attività cerebrali che abbraccia la corteccia frontale, parietale, temporale e visiva.
Esiste tuttavia una condizione clinica per cui la capacità di immaginazione volontaria è del tutto inibita e il paziente non è in grado di evocare con la mente immagini, odori o suoni: è l’afantasia.
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Che cos’è l’afantasia
Come suggerisce il nome stesso – a-fantasia, ovvero “assenza di fantasia” – questo disturbo interessa le capacità immaginative della mente e non è così raro come si possa pensare (colpisce circa un quarto della popolazione mondiale).
Il disturbo è stato diagnosticato e reso oggetto di studi scientifici solo in tempi recenti: esistono testimonianze scritte di casi di studio risalenti al XIX secolo, ma solo qualche anno fa il professor Adam Zeman dell’Università di Exeter ha dato avvio a un filone di studi su questa patologia, che continua ancora oggi.
Ma in cosa consiste l’afantasia? In pratica, mentre la maggior parte delle persone è in grado di evocare ricordi o immaginare scenari possibili quando chiude gli occhi, chi soffre di afantasia non vede altro che la parte inferiore scura delle palpebre.
Questo non vuol dire, tuttavia, che i soggetti affetti da afantasia non abbiano la capacità di immaginare: essi possono immaginare concetti e fatti basandosi sulle esperienze pregresse e sulle loro credenze in modo normale, ma senza rappresentazioni sensoriali.
La convinzione relativa all’incapacità di immaginare delle persone affette da afantasia deriva dalla convinzione errata che l’immaginazione e la formazione di immagini mentali siano la stessa cosa.
L’afantasia permanente è stata già associata alla prosopagnosia (incapacità di memorizzare e riconoscere i volti delle persone) e alla riduzione della memoria autobiografica, ma questo non rappresenta per forza un limite alla capacità immaginativa di chi soffre di questo disturbo.
Gli individui afantasici possono anche essere molto fantasiosi e sono in grado di completare molti compiti che in precedenza si pensava si basassero su immagini visive, dimostrando che la visualizzazione è solo uno dei tanti modi di rappresentare le cose in loro assenza.
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Fonte: Handbook of Clinical Neurology
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