Dimmi che scarabocchi fai e ti dirò chi sei

Lo scarabocchio, disegno spontaneo e "non pensato" parla di noi, delle nostre emozioni. E voi che cosa scarabocchiate?

Fellini lo faceva in continuazione. Einstein, al contrario, non aveva esattamente una mano felice. Stiamo parlando dello scarabocchio: di quel gesto, lasciato un po’ distrattamente su un pezzo di carta non meglio identificato – ma a disposizione in un certo momento -, che sorge in qualche modo spontaneo (spesso senza una precisa volontà di senso) e diventa una traccia imprecisa o una sorta di piccolo disegno. Quale che sia, ci fa bene e ci parla di noi.

Il termine, scarabocchio, viene dal greco skarabos e rimanda alla piccola macchia d’inchiostro che si espande sul foglio. Altri tempi, quelli dell’inchiostro. Ma sempre attuali, attualissimi, quelli dello scarabocchiare. Tanto che il risultato finale – lo scarabocchio, appunto – è stato studiato e (come documentano i lavori del Reparto di Scienze Cognitive dell’Università di Cambridge) ha dimostrato di avere chiari effetti positivi sul nostro benessere.

I benefici dello scarabocchio

Più nel dettaglio, scarabocchiare aiuta: a riorganizzare le idee quando pensiamo ad un progetto; a concentrarsi e ricordare meglio (con un potenziamento della memoria di circa il 30%) i dettagli di una conversazione. Non è tutto: allenta la tensione, stempera l’ansia, stimola l’immaginazione, permette uno sfogo creativo allo stress. E, nota curiosa, pare che Jung lo prescrivesse come attività distensiva in caso di insonnia.

Il modo in cui si scarabocchia e i temi ricorrenti del “disegno” rispecchiano parti di noi attraverso un linguaggio “segreto” che è lo stesso del sogno (deriva da libere associazioni che il cervello immaginativo crea, continuamente) e dell’inconscio (il disegno racconta vissuti emotivi profondi che prendono forma senza la censura della mente razionale).

I tipi di scarabocchio e il loro significato

Per quanto, inevitabilmente, ci siano tante diverse forme di scarabocchio quante sono le persone che lo “praticano”, gli scarabocchi possono essere classificati come:

* astratti: comprendono anche le figure geometriche, piane o tridimensionali; i preferiti da chi è razionale, pratico, organizzato oppure disegnati nel momento in cui si ha bisogno di far chiarezza fuori e dentro di sé

* spirali: con grande potere evocativo, si possono considerare un prendere tempo, un attardarsi nell’attesa, nella riflessione; se il suo movimento è anti-orario esprime un bisogno di socializzazione, di cercare soluzioni anche attraverso il contatto con gli altri; se parte dall’esterno per ritrovare al proprio centro esprime l’esigenza di mettersi in ascolto

* labirinti: raccontano il viaggio dell’eroe, la necessità di uscire da una situazione complicata

* decorativi: quelle che si potrebbero definire “cornicette”, espresse sopratuttto da soggetti ordinati, magari un po’ perfezionisti, dotati di senso estetico e garbo formale

* figurativi: riproducono, con maggiore o minore dettaglio, oggetti precisi, simboli, persone, animali

* di riempimento: ripassi e tratti di penna vagamente compulsivi, contro l’ansia o la noia; se sono fatti riempiendo spazi vuoti (ad esempio gli spazi non neri delle lettere di titoli di giornali, oppure immagini o precedenti scarabocchi o anche i quadretti di un foglio) indicano la necessità di colmare carenze, dare sostanza a parti della vita che in quel momento si sentono emotivamente “scarne”.

* sistematici: ci accompagnano nel tempo, sono sempre simili o molto uguali tra loro, a volte diventano una sorta di logo personale perché c’è anche un tentativo di migliorarlo; ci rassicurano e riconducono a ciò che ci è più noto e familiare

* sporadici: sono legati allo stato emotivo del momento

* con un andamento curvilineo, esprimono capacità di adattamento, disponibilità, flessibilità, ricerca di relazioni armoniose

* con un andamento spigoloso, sono più in relazione con volontà di azione, tensione, assertività ma anche, in alternativa, disagio, difficoltà.

scarabocchio 2

“Immagine rappresentativa di un universo interiore”

Lo scarabocchio classico è una traccia fatta soprattutto di ritmo, di movimento: è un’immagine rappresentativa di un universo interiore che varia moltissimo a seconda del momento. Per alcuni scarabocchiare è abituale, quasi inevitabile. Per altri può essere un fatto sporadico se non persino eccezionale: anche questo è significativo”: spiega Marisa Paschero, grafologa e specializzata in tecnica peritale. È lei l’autrice di “Lo scarabocchio. Il tratto d’unione fra noi e il nostro inconscio” di Edizioni Amrita: un viaggio affascinante, ricco di immagini e curiosità, in questa particolare forma di rappresentazione grafica che può diventare anche una firma o un logo e consente di decifrare le nostre “confessioni involontarie”.

scarabocchio
– Lo scarabocchio che Charles Bukowski faceva di sé –

Qualche esempio

Ad esempio: stiamo abbozzando un gatto? Siamo attenti e rilassati ma pronti, con un agile scatto, a cambiare atteggiamento. Sul foglio cominciano ad apparire dei pesciolini? Sappiamo fluire con le emozioni ma, specialmente se siamo in una riunione, tendiamo a distrarci per immergerci nel mare dei nostri sogni. Disegniamo il sole quando ci sentiamo o vorremmo sentirci attivi, ottimisti; se lo nascondiamo parzialmente dietro ad una nuvola, siamo in presenza di un problema da risolvere; se tramonta indica un nostro bisogno di quiete. Ripetute più e più volte sulla pagina: stelle e stelline rispecchiano il desiderio di evadere dal quotidiano; cuori e cuoricini, esprimono una richiesta affettiva romantica ma un po’ superficiale; case e casette riferiscono di una nostalgia o bisogno di un luogo ideale, sicuro, di protezione e stabilità.

E voi, cosa scarabocchiate, di solito o di tanto in tanto?

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