Questo racconto buddista ci insegna che prendersi cura di se stessi è molto importante anche per maturare compassione verso gli altri.
Negli ultimi anni si parla molto dell’importanza di prendersi cura di se stessi che non va confusa con l’individualismo esasperato, sicuramente nocivo, ma che rappresenta piuttosto la capacità di volersi bene.
Cosa di cui ci parla anche il buddismo con questa storia che si dice sia stata raccontata dal Buddha in persona, poi tramandata oralmente dai suoi seguaci.
Il racconto narra che in un tempo lontano due acrobati si esibivano ogni giorno per strada per guadagnare da vivere. L’insegnante era un povero vedovo e la studentessa di nome Medakathalika, una ragazzina decisamente saggia.
La loro esibizione comportava parecchi rischi perché l’insegnante doveva tenere in equilibrio sulla propria testa un alto palo di bambù mentre Medakathalika vi si arrampicava sopra.
Per evitare cadute e lesioni durante la performance, i due acrobati dovevano fare molta attenzione e un giorno l’insegnante, credendo di aiutare la studentessa, le consigliò di guardarlo mentre lui avrebbe fatto lo stesso con lei, in modo da aiutarsi a vicenda per mantenere la concentrazione e l’equilibrio, e guadagnare così abbastanza denaro per mangiare.
Ma la piccola Medakathalika, che era molto saggia, gli rispose che era meglio che ognuno di loro guardasse se stesso perché prendersi cura di sé significa prendersi cura di entrambi. In questo modo avrebbero sicuramente evitato incidenti e ottenuto abbastanza soldi per mangiare, aggiunse Meda.
Cosa insegna la storia dei due acrobati
Questa storia insegna che è molto importante nutrire la propria mente e il proprio corpo prendendosi cura di se stessi, prima ancora che degli altri.
Quando infatti stiamo bene con noi stessi, non dal punto di vista materiale ma spirituale, e quando abbiamo consapevolezza di noi, è più facile provare compassione per gli altri e trattarli, quindi, con maggiore amore e gentilezza.
Se invece siamo poco consapevoli di noi stessi e ci maltrattiamo, per esempio facendo vite che non ci somigliano e che ci rendono tristi e sconfortati, è più difficile maturare un atteggiamento compassionevole e di reale supporto verso il mondo circostante, con cui tenderemo a essere più che altro arrabbiati.
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