La preghiera è la via del cuore, se troviamo il coraggio di darle retta

Il ruolo della preghiera, la sua efficacia nella nostra vita nel libro "La preghiera" di Fausto Carotenuto.

Pregare, in una cultura sostanzialmente materialista e accumulatrice qual è la nostra, si traduce normalmente in una richiesta, più o meno accorata, di ricevere un favore, un aiuto, di ottenere un’intercessione.

C’è sempre, “dietro”, un obiettivo, diretto, chiaro: una produzione, un evento, una situazione spiacevole da eliminare e una positiva, desiderata, ambita, da ottenere. Oppure – al contrario – non si prega, ritenendola un’attività inutile, frutto di credenze e superstizioni, un mero rifugio consolatorio davanti alle avversità, espressione di debolezza che si realizza nel chiedere a qualcun altro di fare quello che non siamo capaci di realizzare noi; in ogni caso inutile.

Ma è davvero così?

Forse il punto da cui ripartire, per considerare la preghiera, come spiega Fausto Carotenuto – studioso di Scienza dello Spirito e fondatore di Coscienze in Rete – è un altro:

La preghiera è la via del cuore; se troviamo il coraggio di dargli retta – ci spinge in un’altra direzione: la sua profonda saggezza interiore sa che nei momenti difficili rivolgersi al Cielo non è una perdita di tempo, non è un vacuo fantasticare ma per indagare sul suo valore bisogna partire, almeno come ipotesi, dall’idea che dietro alle apparenze materiali esista un mondo spirituale (e poi fare delle prove, vedere il risultato; se rifiutiamo l’idea in partenza come superstizione o se non proviamo nelle condizioni giuste non sapremo mai se è una realtà oppure no). Di questo mondo noi siamo parte come gocce di divinità inserite in un complesso meccanismo cosmico, in un lungo percorso evolutivo e di crescita in cui siamo assistiti – in vari modi – dall’intelligenza universale e da esseri che, nella scala evolutiva spirituale, sono più avanti di noi (le grandi guide dell’umanità e poi gli angeli). Ed ecco allora che – in questo scenario – il senso, autentico, della preghiera diventa un altro: stabilire un ponte con il mondo spirituale, metterci in collegamento con i cari che ci hanno lasciato e vivono nella nostra vera Casa, aumentare la nostra frequenza vibratoria e rafforzare le parti amorevoli della nostra anima”.

Tornare lì, in quello spazio originario, permette – tra le altre cose – di ritrovare il senso di quello che capita anche là dove la “ragione”, la cultura materialista, i pensieri e le comprensioni razionali non sanno dare risposte credibili; anche là dove resta solo dolore incomprensibile, depressione, assenza di speranza. Allora la preghiera diventa “strumento potente e al tempo stesso delicato della nostra coscienza, capace di incidere nella nostra realtà interiore, in quella degli altri, nell’ambiente intorno a noi”.

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Va da sé che l’atto del formulare la preghiera da solo non basti. “Come” lo facciamo determina la differenza, come spiega Fausto Carotenuto nel suo piccolo ma ricco libro “La preghiera”, (linkaffiliazione)per le Edizioni Il Ternario: al di là di una preghiera fatta sul momento, davanti ad una situazione od un pensiero che può sorgere in qualunque situazione, è importante entrare in una condizione di “silenzio”, “fuori dal mare e dal fragore delle sensazioni e dei pensieri ordinari che avvolgono l’io, per poter scendere nella propria interiorità, nella “stanza segreta”.

Allora si potranno formulare con maggiore forza le proprie “richieste”: una preghiera del cuore, che corrisponde ad un abbandono nelle braccia della Madre Celeste; una preghiera del cuore e della mente (ma, in questo caso, la mente può indirizzarla verso azioni/soluzioni per il bene o guidate dall’egoismo, dalla ricerca del mero interesse personale) oppure una preghiera cosciente (“è quella giusta e utile nella nostra epoca – precisa Carotenuto – perché ci consente di crescere in modo più rapido e affrontare le sfide pressanti cui è chiamata la nostra interiorità”).

La preghiera cosciente può essere: semplice presenza in uno stato meditativo; libero pensiero, formulato spontaneamente oppure può interpretare, vivere, risentire il significato autentico delle parole che la tradizione ci ha tramandato. Carotenuto nel suo libro svela l’articolato insegnamento esoterico che si cela nel “segno della croce” e nelle nostre preghiere più note come il Padre Nostro, il Gloria, l’Ave Maria, l’Angelo di Dio e l’Eterno Riposo. Recitarle, dopo, non sarà più la stessa cosa: diventeranno parole vive, che entrano nel quotidiano della propria vita.

Va bene il pregare. E così sia. Ma se poi non produce i risultati aspettati (e come dimostra la ricerca scientifica, molte volte funziona ma forse ancora più spesso non funziona o quantomeno i risultati sono controversi)? La verità è che – dal punto di vista della funzione della preghiera – questo tipo di domanda e osservazione sono fuori contesto. Non che ci sia di che stupirsi: siamo abituati a misurare le nostre azioni in termini di azione/reazione, costi e benefici rispetto ai desiderata del nostro ego, a quello che ci piace o non piace, di cui abbiamo o no voglia. E la scienza attuale è la capofila di questo tipo di atteggiamento.

La preghiera ci chiede invece di spostarci di visione. Ci porta in un’altra realtà, in un altro linguaggio e sfida: quella della nostra crescita spirituale.

Osservando quello che succedo dopo che abbiamo pregato, non ci sembra affatto di essere stati esauditi e allora perdiamo fiducia in questo strumento – osserva Fausto Carotenuto – ma la verità è che se venissero esaudite questo rallenterebbe la nostra crescita”.

Immaginiamo una coppia di genitori che porta il figlioletto in gita, al laghetto. Guardando il cielo si rendono conto che sta arrivando un temporale: sanno, grazie alla loro esperienza in generale e per la conoscenza del posto che il laghetto, con la pioggia, è soggetto a piene improvvise e pericolose e quindi è bene non restare in quel posto. Il bambino ovviamente non lo sa e vuole fermarsi al laghetto a giocare ancora un po’, prega e supplica i genitori. Mamma e papà non potranno esaudire la sua preghiera perché non farebbero il suo bene, lo portano via subito anche se il bambino comincia a piangere e pensare che siano proprio cattivi: “questo è spesso il nostro rapporto con il mondo spirituale: quando ci sembra che le nostre preghiere non vengano ascoltate è perché l’esaudirle ci farebbe del male, rallenterebbe o bloccherebbe la nostra crescita”. Ma, naturalmente, le preghiere vengono anche esaudite: succede quando questo è utile per noi (da un punto di vista spirituale, prima che “umano”), quando preghiamo nella direzione giusta introducendo – nella vita che ci circonda – delle aspirazioni, delle volontà, degli elementi costruttivi per il bene di tutti, frutto della nostra creatività individuale.

Pregare apre ad un modo diverso di stare nella vita, tra Cielo e Terra; è entrare in relazione, prima di ottenere: ed è da lì che tutto può cambiare.

Anna Maria Cebrelli

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