Un lungo viaggio comincia sempre da un primo passo: il Metodo Kaizen, reinterpretato da Robert Maurer, spiega come farlo, qual è quello migliore. Per cambiare in meglio la propria vita.
Se, per fare tutto – come cantava Sergio Endrigo – ci vuole un fiore, per farlo bene bisogna procedere un passo alla volta. E così, un passettino dopo l’altro, ci si cambia la vita: è quanto promette il Metodo Kaizen se applicato alla vita di tutti i giorni.
Un po’ di storia, per inquadrare il tutto, non guasta: siamo alla fine della seconda guerra mondiale. Il Giappone ha perso, “annientato” dalle due bombe atomiche. È un Paese umiliato, traumatizzato, privo di risorse. Agli Americani però interessa che ritorni un paese vivo, attivo sul mercato, con cui poter fare affari. Ed ecco la soluzione: portare in quella nazione nuovi sistemi per migliorare l’efficienza e la qualità dell’industria. Tecnologia ma non solo: nella Terra del Sol Levante arriva anche un metodo mai visto prima, il principio del miglioramento continuo, lento e graduale. Sono stati poi loro, i Giapponesi – che nel frattempo l’hanno fatto diventare un elemento determinante e centrale delle loro strategie economiche e aziendali – a dargli un nome: Kaizen, da Kai (cambiamento) e zen (migliore). Ovvero il cambiamento per il meglio.
Giusto per finire la storia: il Metodo Kaizen, arricchito degli input giapponesi, è poi tornato di nuovo negli Usa, ed è tutt’ora applicato con successo nel mondo delle imprese. Dobbiamo però dire grazie a Robert Maurer, psicologo e professore all’Università di Los Angeles, se quei contenuti destinati all’ambito aziendale sono diventati materia viva e utilizzabile anche nella quotidianità domestica delle nostre vite. Per trasformare le nostre esistenze, promette Maurer, senza fatica né paura. Il metodo viene illustrato nel libro Un piccolo passo può cambiarti la vita (linkaffiliazione), scritto appunto da Robert Maurer ed edito da Vallardi.
Qualunque sia il tema che ci interessa affrontare, su cui vogliamo lavorare o il problema che non riusciamo mai a risolvere, la strada è sempre quella: cominciare. Inevitabilmente si inizia ogni volta dal primo passo. Certo, bisogna capire quale è quello giusto: non sempre è facile.
Robert Maurer consiglia di esercitarsi quotidianamente sulle domande semplici per chiarirci, esplicitamente, cosa vogliamo; per fare il punto su cosa c’è nella nostra vita. Qual è il giusto primo passo da fare? Per individuarlo potrà esserci d’aiuto confrontarci con qualcuno che ci conosce bene: potrà vedere – meglio di noi – i nostri “tentativi di fuga”, che si esplicitano in obiettivi vaghi oppure passi troppo impegnativi. Uno dei principali segreti del Metodo Kaizen infatti è questo: il primo passo deve essere divertente, piccolo piccolo e quasi banale (oltre che nella direzione del risultato che si desidera raggiungere). Vuoi smettere di mangiare cioccolato o mangiarne decisamente meno? Comincia a buttare via sempre il primo boccone, così il cervello comincia a imparare ad eliminarne un pezzo prima di mangiarla. Perché non eliminare l’ultimo boccone? Semplice: è troppo difficile.
Facendo attenzione che il primo passo sia veramente piccolo, si aumentano le probabilità di successo. Quando questo primo passo diventa un’abitudine che non si mette più in discussione, allora si sarà pronti per il secondo. E così via: sempre avanzando con passi piccoli. Fino a quando, promette l’autore – “il vostro cervello non avrà superato tutte le resistenze e quindi vi incoraggerà ad accelerare. Se dovesse capitarvi di temere quell’attività o di cercare scuse per non svolgerla, significa che dovete ridimensionare i passi”. Chiaro e semplice.
“Un viaggio di mille miglia inizia con un piccolo passo”, insegnava il saggio Lao-Tze. Sembra Kaizen; avrà copiato lui, dagli americani? Si scherza. Buon cammino.
Anna Maria Cebrelli