Lavorare troppo con la mente ci rende affaticati e stanchi proprio come se facessimo un lavoro fisicamente usurante: ecco perché non dobbiamo sottovalutare i segnali che il nostro corpo ci manda
Non sorprende che, alla fine di una giornata di intenso lavoro fisico, ci si senta stanchi e spossati e si desideri dedicare quel che resta delle proprie energie ad attività di svago e relax. Ma anche il lavoro mentale stanca, tanto quanto quello fisico: anche passare ore seduti a studiare o prendere decisioni importanti ci porta a essere sfiniti a fine giornata.
È quanto confermato da nuove evidenze scientifiche raccolte da un recente studio, che dimostra che la stanchezza mentale esiste e non è solo una nostra fantasia dopo una giornata particolarmente stressante. Il motivo di quella che i ricercatori chiamano “fatica cognitiva” è da ricercarsi nell’accumulo di sostanze potenzialmente tossiche nella parte del cervello nota come corteccia prefrontale.
Questo accumulo, in pratica, manda il cervello in una condizione di “risparmio energetico” a causa della quale non riusciamo a sforzarci per prendere decisioni importanti e impegnative e rivolgiamo la nostra attenzione verso azioni a basso costo energetico che non richiedono troppi sforzi.
Ecco perché quando siamo troppo stanchi ordiniamo cibo da asporto anziché metterci noi stessi ai fornelli (per non dover pensare a cosa cucinare e a come farlo) o preferiamo sprecare tempo sui social (attività a costo zero per il nostro cervello) piuttosto che leggere un libro.
Questo “dirottamento” dei nostri comportamenti verso scelte meno energivore non è solo dettato dalla pigrizia o dalla stanchezza, ma è un meccanismo di difesa che il nostro organismo mette in atto per preservare l’integrità del funzionamento del cervello – oltre che per impedirci di prendere decisioni importanti in un momento in cui la nostra mente è troppo annebbiata dalla fatica per essere lucida.
Per avere prove scientifiche di come funzioni nel concreto questo dispositivo di emergenza del cervello, i ricercatori hanno coinvolto due gruppi di volontari – un primo gruppo di persone dedito ad attività intense dal punto di vista cognitivo, un secondo gruppo impegnato in compiti cognitivamente meno impegnativi.
Alla fine di una giornata di lavoro intensa, tutti i partecipanti sono stati sottoposti alla risonanza magnetica per monitorare i processi chimici all’interno del loro cervello. Le persone che hanno svolto un lavoro mentalmente impegnativo hanno mostrato segni di affaticamento anche fisico quali una ridotta dilatazione della pupilla e livelli più alti di glutammato nelle sinapsi della corteccia prefrontale del cervello.
Come già confermato da studi precedenti, l’accumulo di glutammato rende più costosa dal punto di vista energetico l’attivazione della corteccia prefrontale e questo spiega la difficoltà nel prendere decisioni anche semplici alla fine di una giornata molto faticosa.
Cosa possiamo fare per contrastare la fatica cognitiva alla fine delle nostre giornate di lavoro mentale? Gli autori dello studio suggeriscono il ricorso ai vecchi metodi sempre efficaci: riposo, meditazione, distrazioni salutari (passeggiate nella natura, un po’ di attività fisica). Ci sono evidenze scientifiche che i livelli di glutammato si abbassano notevolmente durante il riposo.
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Oltre a fornire informazioni utili per le persone che soffrono di fatica cognitiva, aiutandole a migliorare la propria condizione, lo studio potrebbe aiutare anche le aziende a creare programmi di lavoro più sostenibili dal punto di vista mentale per tutelare il benessere dei propri dipendenti.
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Fonte: Current Biology
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