Perché quando abbiamo fame diventiamo scontrosi e pieni di rabbia?
Perché quando abbiamo fame diventiamo scontrosi e pieni di rabbia?
La fame fa arrabbiare. E possiamo essere così nervosi da cambiare totalmente la nostra abituale personalità. La nostra percezione del mondo intorno a noi può cambiare completamente soprattutto se ci troviamo in un contesto negativo o non sappiamo che la fame ci fa effettivamente questo effetto.
Alla luce di un recente studio, condotto dall’University of North Carolina at Chapel Hill, è emerso che quando qualcuno ha fame, ci sono due fattori principali che determinano se l’appetito contribuirà alle emozioni negative o no: contesto e consapevolezza. Non sempre infatti la fame genera proprio nervosismo verso il mondo che ci circonda. Accade più facilmente se la persona è poco consapevole di essere suscettibile a queste reazioni e quanto più la situazione al contorno è oggettivamente poco rassicurante o del tutto spiacevole.
“Non si diventa semplicemente affamati e si inizia a scagliarsi contro l’Universo – spiega Kristen Lindquist, coautrice dello studio – Ci siamo tutti sentiti affamati, abbiamo riconosciuto la sensazione spiacevole come fame, quindi abbiamo mangiato un sandwich e ci siamo sentiti meglio. A volte ci sentiamo veramente arrabbiati a causa della fame, ma interpretiamo quei sentimenti come forti emozioni verso altre persone o nei confronti della situazione in cui ci troviamo”.
I ricercatori hanno condotto due esperimenti online che hanno coinvolto oltre 400 persone negli Stati Uniti. In particolare, ai partecipanti è stata mostrata un’immagine concepita per indurre sentimenti positivi, neutrali o negativi. È stata dunque mostrata un’altra ambigua, un pittogramma cinese, che i partecipanti allo studio erano invitati a valutare su una scala di sette punti da piacevole a spiacevole. Ai partecipanti è stato anche chiesto di segnalare quanto si sentivano affamati.
Gli autori del lavoro hanno osservato che i partecipanti con più necessità di cibo erano più propensi a giudicare i pittogrammi cinesi ambigui come negativi, ma solo dopo aver visto prima un’immagine negativa. “Riteniamo che le immagini negative forniscano un contesto in cui le persone interpretano i loro sentimenti di fame verso i pittogrammi ambigui, percependoli come negativi” sostiene Jennifer MacCormack, autrice principale del lavoro.
Secondo MacCormack c’è però di più: anche il livello di consapevolezza emotiva delle persone è importante. Le persone che sono più consapevoli del fatto che la loro fame si manifesta come un’emozione hanno meno probabilità di diventare arrabbiate.
In un successivo esperimento, infatti, che ha coinvolto oltre 200 studenti universitari, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di digiunare o di mangiare prima. Alcuni studenti hanno poi completato un esercizio di scrittura destinato a focalizzare l’attenzione sulle proprie emozioni, e tutti hanno partecipato a uno scenario progettato per suscitare emozioni negative.
Non solo. All’insaputa degli studenti, il noioso esercizio era stato progettato per interrompersi prima di essere terminato, e addirittura uno dei ricercatori ha incolpato gli studenti per l’incidente al computer, in modo da suscitare il “contesto negativo”.
I partecipanti hanno quindi compilato un questionario sulle loro emozioni e sulla percezione della qualità dell’esperimento. Dall’analisi delle risposte è emerso che gli individui affamati hanno riportato maggiori emozioni spiacevoli come stress e nervosismo ma solo quando non erano esplicitamente concentrati sulle proprie emozioni, ritenendo che il ricercatore che conduceva l’esperimento fosse più critico o severo. I partecipanti che passavano il tempo a pensare alle proprie emozioni, invece, anche se affamati, non riportavano questi cambiamenti nelle stesse emozioni o nelle percezioni sociali.
Mens sana in corpore sano? Sicuramente sì, ma lo studio suggerisce anche che una piena consapevolezza di sé aiuta a gestire le emozioni, a gestire le reazioni e quindi, di fatto, a mantenere la calma anche in situazioni di stress (come può essere una sana voglia di cibo).
Il lavoro è stato pubblicato su Emotion.
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