Il Covid ha certamente modificato gran parte delle nostre abitudini. Ma qual è stato l’impatto della pandemia sulla nostra percezione del denaro e sui nostri comportamenti d’acquisto? Abbiamo permanentemente cambiato le nostre abitudini di consumo o siamo già tornati ad essere meno oculati?
Abbiamo comprato carta igienica manco fosse la fine del mondo e fatto incetta di lievito e farine che Cannavacciuolo scansati proprio. Mentre cantavamo sui balconi, una cosa sembrava accomunarci: la vita è una sola e va vissuta, meglio tenersi stretto ciò che conta davvero.
Sembra essere questa la lezione che la pandemia ci avrebbe consegnato, almeno alla maggior parte di noi. O, almeno, così potrebbe essere dando uno sguardo a uno studio che parte proprio da questo quesito: il Covid ci ha reso generalmente meno materialisti?
Ebbene, pare proprio di sì. Un’analisi pubblicata Psychology & Marketing che accorpa tre studi, ha di fatto esaminato l’impatto della pandemia sul materialismo, riscontrando una diminuzione generale dell’importanza che le persone attribuiscono al denaro.
Il materialismo, ossia l’inclinazione ad avere beni materiali, si riferisce alla erronea convinzione che la ricchezza e il consumismo siano legati alla piena realizzazione personale e alla felicità. In questo lavoro, invece, Olaya Moldes e i suoi colleghi hanno esaminato il ruolo dei cambiamenti comportamentali ed emotivi associati proprio alla pandemia, a partire dagli atteggiamenti nei confronti del denaro e del consumo di cose.
Lo studio
Il primo studio ha esaminato l’associazione tra materialismo e cambiamenti dovuti alla pandemia e alle restrizioni: 741 partecipanti dal Regno Unito hanno risposto a domande che valutavano:
- il materialismo (ad es. “Ammiro le persone che possiedono case, automobili e vestiti costosi”)
- il ricorso ai media (come la quantità di ore davanti alla TV oppure online)
- isolamento sociale
- emozioni negative
- stress e ansia
- percezione del COVID-19 come una minaccia per la vita
- impatto finanziario del COVID-19
Lo studio 2 ha esaminato le variazioni del valore dato alle cose sia durante che dopo i vari lockdown nel Regno Unito e i partecipanti hanno risposto a domande relative alle aspirazioni della vita, inclusa l’importanza data al denaro, alla popolarità, all’accettazione di sé, agli orientamenti della comunità e all’appartenenza a un gruppo.
Lo studio 3 ha mirato ad ampliare le intuizioni dello studio 2 raccogliendo dati pubblicamente disponibili sui comportamenti di acquisto. In particolare, i ricercatori erano interessati a esaminare l’aumento della “terapia al dettaglio” (cioè la spesa come mezzo per affrontare le emozioni indesiderate) durante la pandemia di COVID-19 conducendo l’analisi del contenuto dei tweet contenenti l’hashtag #retailtherapy. I dati sono stati raccolti in due momenti, da gennaio 2018 a marzo 2020 e da marzo 2020 a giugno 2021, consentendo ai ricercatori di “rilevare e confrontare eventuali cambiamenti nei consumi“.
Il risultato? Nel complesso, la maggior parte delle persone è passata a preoccuparsi meno del denaro e dei guadagni materiali e hanno valutato obiettivi come “avere successo finanziario” o “avere un lavoro che paga bene” di meno importanza rispetto a prima. Altri valori sociali che hanno a che fare con l’accettazione di sé e la condivisione delle nostre vite “con qualcuno che amo” sono invece rimasti gli stessi.
Riteniamo che questi cambiamenti possano essere spiegati da altri fattori legati alla pandemia. Ad esempio, il COVID ha concentrato l’attenzione sull’importanza della salute. Inoltre, la pubblicità ei social media hanno promosso valori sociali come la solidarietà e l’affrontare le sfide di un’esperienza condivisa, concludono gli autori.
La risposta allora è sì, il Covid ci ha probabilmente insegnato a godere di più delle piccole cose. Questa ricerca, insomma, lo conferma: la costante ricerca di beni materiali alla lunga porta a livelli più bassi di felicità e a meno soddisfazione nei confronti della vita, oltre a causare stati d’animo negativi e ansia.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonte: Psychology & Marketing
Leggi anche: