Soffri di burnout? Ora sappiamo gli effetti: ecco come ti cambia (anche fisicamente) il cervello

Il burnout, quella sensazione di esaurimento, di non "farcela più" in condizioni di stress lavorativo si riflette anche a livello fisico sul cervello. Ma, secondo la scienza, il modo per recuperare c'è

I tempi sono quelli che sono e tante categorie di persone oggi, per diversi motivi, rischiano di trovarsi alle prese con il burnout,  quella sensazione di esaurimento che può colpire per il troppo lavoro (in condizioni spesso difficili) e che può determinare un logorio psicofisico ed emotivo.

Pensiamo ad esempio a medici ed infermieri, particolarmente sovraccaricati negli ultimi anni a causa della pandemia, ma anche ad educatori, commessi, impiegati e altre categorie di lavoratori che devono sottostare a turni massacranti e spesso con una certa insoddisfazione sia dal punto di vista delle relazioni che dell’appagamento personale oltre che economico.

Il Covid, ovviamente, non ha fatto altro che peggiorare drasticamente una situazione che era già difficile per molti e non c’è da stupirsi se negli ultimi due anni, un po’ come è avvenuto per ansia e depressione, i casi di burnout siano aumentati.

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Ma quali effetti ha davvero il burnout sul nostro cervello e c’è modo di rimediare? 

Innanzitutto c’è da ricordare che tutto ciò che sentiamo o pensiamo deriva dal cervello, quindi sbalzi d’umore, pensieri negativi o un temperamento estremamente nervoso e stressato si riflettono tutti da qualche parte nel funzionamento fisico del cervello. Le ricerche scientifiche in merito mostrano che, quando si tratta di burnout, quei cambiamenti cerebrali sono tutt’altro che minori o da sottovalutare.

Una ricerca svedese ha confrontato 40 soggetti di studio che avevano tutti lavorato oltre 60 ore a settimana e ricevuto una diagnosi formale di burnout, con un gruppo di controllo composto da persone con lo stesso profilo demografico che però non soffrivano di burnout.

I test hanno rivelato che chi soffriva di burnout riusciva a controllare o sopprimere le emozioni negative in maniera peggiore e ciò ovviamente non ha stupito i ricercatori, dato che proprio questi sintomi sono i più classici del burnout, ma lo studio ha scoperto anche altro, effettuando scansioni cerebrali dei due gruppi.

Come ha fatto sapere l’Association for Psychological Science:

I due gruppi hanno mostrato differenze chiave nell’amigdala – una struttura cerebrale che è fondamentale nelle reazioni emotive tra cui paura e aggressività. I ​​partecipanti al gruppo burnout avevano un’amigdala relativamente ingrossata e sembravano anche avere connessioni significativamente più deboli tra l’amigdala e le aree cerebrali legate al disagio emotivo, in particolare alla corteccia cingolata anteriore (ACC). Più un individuo riportava una sensazione di stress, più debole è apparsa la connettività tra queste regioni del cervello sulla R-fMRI.

In parole povere, l’amigdala, che funziona un po’ come il sistema di allarme del cervello, responsabile della segnalazione di qualcosa che non va nell’ambiente, in caso di burnout è iperattiva. Nel frattempo, i sistemi destinati a contrastare l’amigdala con logica, prospettiva e gestione delle emozioni sono indeboliti.

C’è poi una revisione di studi che ha esaminato 15 ricerche sugli effetti cognitivi del burnout rilevando che:

i sistemi di attenzione e di memoria esecutivi sembrano soffrire in associazione con il burnout e il funzionamento cognitivo è compromesso negli individui esauriti.

Insomma, anche a livello fisico il cervello risente dell’esaurimento dovuto al burnout. Ma può riprendersi in qualche modo?

Il cervello può riprendersi dal burnout?

La risposta a questa domanda secondo la scienza è sì, ma devono essere soddisfatte alcune condizioni. Degli studi mostrano che è possibile, come una ricerca del 2018 che ha evidenziato come la terapia per il burnout (spesso si tratta di psicoterapia cognitivo comportamentale) possa riuscire a ridurre le dimensioni dell’amigdala e riportare la corteccia prefrontale ai livelli di pre-stress.

Anche altre attività, oltre alla terapia, possono aiutare il cervello a riprendersi. Il professore di psichiatria di Yale Mark Rego ha suggerito di svolgere attività pratiche, come arte e cucina, e assecondare i sensi specialmente entrando in contatto con la natura, oltre che parlare spesso con le persone per accelerare il recupero. Raccomanda anche di  calmare la mente, sia attraverso lo sport, che con lunghe passeggiate o lo yoga.

Prima di tutto, però, bisogna essere coscienti del problema che si ha e che questa non è una semplice condizione di stress che si può eliminare facilmente e in poco tempo. Sono necessari infatti cambiamenti reali nelle condizioni di lavoro per non ricadere dopo poco tempo di nuovo in una condizione di burnout.

Importante ricordare inoltre che il burnout non va vissuto come un fallimento del proprio carattere o della propria forza in una determinata situazione perché non lo è, si tratta invece di una rottura dell’equilibrio cerebrale e come tale va trattata, non sottovalutando il problema.

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Fonte: Association for Psychological Science

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