L'amore di una mamma riesce a smuovere persino le montagne, se è per il bene della sua prole (e questo vale spesso anche per gli animali). L'istinto materno oggi, per le donne, tra biologia e cultura.
“La mamma è una cosa seria. Essa si sacrifica da quando noi nasciamo. Essa produce il latte per noi. Quando siamo piccoli produce il latte, perché è un mammifero: per ciò si chiama mamma”: così risponde Marcello D’Orta in “Io speriamo che me la cavo”.
Sarà quel che sarà, certo è che in quasi tutte le specie viventi le femmine che diventano madri non solo cominciano a produrre latte ma, all’occorrenza, per i loro piccoli, sarebbero davvero capaci di “smuovere anche le montagne”. E a volte lo fanno.
È l’istinto materno: per alcuni si tratta di qualcosa di innato, che dipende dalla genetica (di conseguenza qualche donna potrebbe anche non averlo, se il gene in questione fosse anche solo parzialmente disattivato) e consente uno specifico comportamento necessario per la conservazione dell’individuo e della specie. Per altri, invece, non esiste di per sé.
O meglio – come risulta dallo studio realizzato dall’Università Jaume I de Castelló – sono gli ormoni prodotti dalla placenta, come ad esempio la prolattina, che inducono un cambiamento mentale che, a sua volta, modifica l’atteggiamento e il comportamento materni, inducendo la motivazione a prendersi cura dei figli.
L’attività degli ormoni quindi agisce prima della nascita del figlio, prepara la futura madre sostenendo l’istinto di proteggere, accudire, nutrire e anche sacrificarsi.
Una disposizione interna che attiva anche tutte quelle attenzioni istintive di aggressione nei confronti di chi può mettere in pericolo la vita dei figli.
Pure nelle altre specie animali, le madri sono capaci di provare a fare qualunque cosa (individuano strategie, affrontano pericoli) per prendersi cura dei loro cuccioli.
Una delle storie più note sul web è forse quella di Valentine. Siamo in Australia; Clarabelle era una mucca da latte a cui, pertanto, sono sempre stati sottratti i cuccioli; diventata poco produttiva e destinata al macello, all’ultimo minuto viene salvata dagli attivisti dell’Edgar’s Mission.
Clarabelle inizia così una nuova vita e, sorpresa, si scopre che è gravida. Tutto procede normalmente fino a che, un giorno, all’Edgar’s Mission si rendono conto che Clarabelle ha sicuramente partorito ma non c’è alcuna traccia del piccolo. Cos’era successo?
Libera di muoversi negli ampi spazi di questo rifugio per animali, aveva scelto il momento propizio per allontanarsi dal gruppo e partorire. Quindi aveva nascosto il suo vitellino – Valentine – nell’erba alta: andava da lui regolarmente per allattarlo, ogni giorno lo spostava in un posto diverso, e poi tornava con le altre mucche.
Ecco il video che racconta la storia di Clarabelle e Valentine:
Finding Valentine from Edgar’s Mission Farm Sanctuary on Vimeo.
Tra gli impulsi dati dall’istinto materno per proteggere i propri cuccioli non c’è solo l’elaborazione di strategie costruite sulla base delle esperienze passate ma anche il coraggio nell’affrontare situazioni pericolose, mettendo a rischio la propria vita.
Un esempio eloquente viene raccontato da un video in cui una mamma coniglio aggredisce senza esitazione un serpente, riuscendo a salvare l’unico cucciolo – ancora vivo – che stava per essere divorato:
Certo è che l’istinto materno per formarsi non necessita di una gravidanza e di un parto “reali”: in un percorso di adozione, ad esempio, la gestazione può essere simbolica e non per questo meno ricca, intensa, emozionante e intima, come viene raccontato nel libro “Le fiabe per parlare di adozione”, di Anna Genni Miliotti.
Adozione che avviene pure tra gli animali e persino tra madri e cuccioli di specie tra loro diverse: storie incredibili e vere, come quella della gatta con gli scoiattoli o del labrador con l’anatroccolo, raccontate da Lisa Rogak nel suo “Ti amo così come sei. Storie di amore incondizionato dal mondo degli animali” o anche in Unlikely Friendships, di Jenny Holland.
D’altra parte è ormai anche scientificamente provato che gli animali hanno capacità di provare sentimenti, empatia, intelligenza e, quando si parla della relazione madre-cucciolo, oltre all’istinto materno c’è spesso – soprattutto in molti mammiferi – un attaccamento simile a quello umano.
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Naturalmente per la donna, nell’essere madre gioca un ruolo rilevante non solo la parte istintiva, più biologica, ma anche le proprie esperienze passate (il maternage e paternage e il relativo attaccamento), le circostanze e il contesto in cui si vive (che possono essere di disagio oppure sereni, confortevoli e supportivi) e, non ultimo, l’apprendimento.
Già, perché mamme si impara ad esserlo, giorno dopo giorno, con un po’ di informazione o training mirati ma soprattutto rimettendosi sempre in gioco, inventandosi, insieme al proprio/ai propri figli, nella disponibilità e nella volontà di creare per loro le migliori condizioni, il miglior bene presente e futuro.
Sarà un caso che – per definire un amore accogliente, una predisposizione a creare le condizioni migliori e una disponibilità sempre presente – spesso si usi l’espressione “cuore di mamma”?
Anna Maria Cebrelli