Il perclorato, un componente del carburante per razzi noto per i suoi effetti nocivi sulla salute, è stato rilevato in diversi cibi negli USA, con concentrazioni particolarmente elevate in quelli destinati a neonati e bambini
Indice
Ormai è risaputo che il cibo che mangiamo e l’acqua che beviamo possono, ahinoi, essere contaminati da diverse sostanze nocive. Alla lunga lista di contaminanti che già conosciamo—pesticidi, PFAS, idrocarburi, e così via—si aggiunge oggi il perclorato, di cui si parla troppo poco.
A lanciare l’allarme è un’indagine di Consumer Reports che rivela come il perclorato sia presente – almeno negli Usa dove è stato condotto il test – in una varietà sorprendente di alimenti, compresi quelli destinati ai più piccoli.
Ma partiamo dall’inizio.
Cos’è il Perclorato?
Il perclorato è una sostanza chimica utilizzata principalmente nel carburante per razzi, ma anche in missili, esplosivi, airbag e in alcune plastiche. Sebbene la sua applicazione nell’industria sia nota, la possibile presenza negli alimenti è decisamente meno conosciuta e ben più preoccupante.
Si tratta infatti di un contaminante che ha potenziali effetti nocivi sulla salute. Il perclorato interferisce con l’assorbimento dello iodio da parte della tiroide, un minerale fondamentale per la produzione di ormoni.
Negli adulti, l’esposizione a livelli elevati di perclorato può portare a ipotiroidismo e ad alterazioni del metabolismo. Nei bambini e nelle donne incinte, l’effetto può essere ancora più grave, poiché gli ormoni tiroidei sono fondamentali per lo sviluppo neurologico e cognitivo.
Nella loro indagine, gli esperti americani hanno voluto capire quanto i consumatori siano davvero esposti a questa sostanza attraverso il cibo e per scoprirlo hanno analizzato 196 campioni di 73 prodotti alimentari provenienti da supermercati e 10 catene di fast food.
I risultati del test
I risultati hanno mostrato che circa il 67% dei campioni conteneva perclorato, con concentrazioni variabili da poco più di 2 parti per miliardo a 79 ppb. Quantità che, pur non risultando immediatamente tossiche, potrebbero accumularsi nel tempo e diventare pericolose.
I livelli più elevati sono stati riscontrati negli alimenti per neonati e bambini, così come in quelli provenienti dai fast food e nei prodotti ortofrutticoli freschi.
Così si legge su Consumer Reports:
Circa il 67% dei campioni aveva livelli misurabili di perclorato, a livelli che andavano da poco più di 2 parti per miliardo a 79 ppb. In generale, gli alimenti per neonati/bambini, i fast food e la frutta e la verdura fresca hanno avuto i livelli più alti, con gli alimenti per bambini in cui generalmente è stato riscontrato il livello medio più alto, 19,4 ppb. Per quanto riguarda i tipi di imballaggio, gli alimenti in contenitori di plastica hanno registrato i livelli più elevati (in media quasi 54 ppb), seguiti dagli alimenti in involucro di plastica e cartone.
I ricercatori ipotizzano che la contaminazione possa derivare dall’acqua utilizzata per irrigare le colture o dal contatto con confezioni di plastica contenenti la sostanza chimica.
Nonostante la consapevolezza dei rischi associati al perclorato, le autorità di regolamentazione statunitensi, come la FDA e l’EPA, hanno tardato ad adottare misure concrete per affrontare il problema. Nel 2005, l’EPA ha stabilito una “dose di riferimento” per il perclorato di 0,7 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Tuttavia, molti esperti ritengono che questo limite non sia sufficiente a garantire la sicurezza e dovrebbe essere molto più basso. In confronto, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha fissato una dose giornaliera tollerabile di soli 0,3 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo.
Comunque gli esperti americani precisano che:
Nessuno degli alimenti che abbiamo testato aveva livelli di perclorato sufficientemente alti da superare i limiti giornalieri suggeriti dall’EFSA o dall’EPA. Ma tutti noi mangiamo più di qualche porzione di cibo al giorno e i bambini, a causa del loro peso corporeo inferiore, possono essere particolarmente a rischio.
Nel 2019, una petizione per vietare l’uso del perclorato negli imballaggi alimentari è stata respinta dalla FDA. Inoltre, l’EPA ha rinviato le sue decisioni sui limiti di perclorato nell’acqua potabile fino al 2025, nonostante una sentenza della Corte d’Appello degli Stati Uniti richieda azioni più tempestive.
E in Europa?
Ovviamente servirebbero test specifici condotti sugli alimenti venduti nei paesi europei per capire se ci troviamo di fronte a rischi simili.
In Europa, i limiti di perclorati sono regolati principalmente dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e dalle normative dell’Unione Europea. Quest’ultima stabilisce che la concentrazione di perclorati nell’acqua potabile non deve superare i 0,1 microgrammi per litro (µg/L).
Per quanto riguarda i prodotti alimentari, l’EFSA non ha fissato limiti specifici per il perclorato nei singoli alimenti, ma ha stabilito una dose giornaliera tollerabile (TDI) di 0,3 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Questo limite si basa su studi scientifici e serve come guida per valutare l’esposizione complessiva attraverso il consumo di alimenti e bevande.
In seguito a questa valutazione dell’EFSA, il Regolamento (CE) n. 1881/2006 è stato modificato, in particolare dall’allegato al Reg. (UE) n. 2020/685. Questa modifica stabilisce limiti massimi di perclorato per vari tipi di alimenti. I nuovi tenori massimi si applicano sia ai prodotti alimentari che contengono elevate concentrazioni di perclorato e che contribuiscono significativamente all’esposizione umana, sia a quelli particolarmente rilevanti per i gruppi più vulnerabili, come lattanti e bambini nella prima infanzia.
Potete vederli nella seguente infografica.
Leggi anche: L’Unione Europea, invece di vietare il perclorato negli alimenti per bambini, fissa nuovi limiti
In Europa, dunque, almeno per alcuni alimenti, ci sono limiti più stringenti. L’ideale però sarebbe azzerarli!
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Fonte: Consumer Reports
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