Uno studio italiano rivaluterebbe il ruolo del pesce in scatola all’interno di una dieta sana ed equilibrata. Una notizia un po' azzardata, a nostro parere, se si considerano in toto quelli che possono essere piuttosto gli svantaggi nutrizionali del pesce in scatola, in primis del tonno, che abbiamo sempre sostenuto. La verità? Probabilmente sta nel mezzo
Consumare almeno due porzioni alla settimana di pesce in scatola sott’olio, pari a 80 grammi ciascuna, porterebbe a una riduzione del 34% circa del rischio di insorgenza di tumore al colon-retto.
È il risultato di uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano che ha esaminato per la prima volta l’effetto del consumo di pesce in scatola separatamente da quello di pesce fresco sul rischio di quel tipo di cancro.
Lo studio è stato condotto nell’ambito delle attività dell’Italian Institute for Planetary Health (IIPH), in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, tra il 1992 e il 2010 in diverse aree italiane, coinvolgendo un totale di 2.419 pazienti con diagnosi di tumore al colon-retto e 4.723 controlli non affetti dal tumore.
Perché questa rivalutazione del pesce in scatola? Perché è minimamente processato, cotto a vapore, pulito, messo sott’olio e inscatolato senza conservanti, dicono gli studiosi.
Le implicazioni per la salute pubblica possono essere molto rilevanti. Parliamo infatti di un tumore che presenta elevata incidenza e alta mortalità, sia nei Paesi ad alto reddito che in quelli a basso e medio reddito, e di un alimento sempre più consumato, grazie alla sua praticità e la sua accessibilità economica, dice Carlo La Vecchia, docente di Epidemiologia all’Università degli Studi di Milano.
Tutta questione di Omega 3
La riduzione del rischio di insorgenza – dice Barbara D’Avanzo, ricercatrice del Dipartimento di Politiche per la Salute delI’Istituto Mario Negri – è confermata anche nel caso che il tumore del colon e quello del retto vengano considerati separatamente. È possibile che i benefici siano collegati al contenuto di acidi grassi omega-3 o ad altri nutrienti presenti nel pesce stesso.
Ottimo argomento, dunque, ma ricordiamoci che – come gli stessi ricercatori hanno confermato – esistono anche altre fonti di Omega 3 che non siano di tipo animale.
Le migliori fonti di Omega-3 sono sì i pesci grassi, come sardine, salmone e sgombro o l’olio di pesce, ma, se si segue una dieta vegana, gli Omega 3 possono essere assunti attraverso:
- noci
- semi lino
- semi di chia
Se però proprio volete acquistare pesce in scatola, n consiglio sempre valido è quello di leggere l’etichetta valutando tutti gli aspetti e, magari, scegliere le conserve in vetro.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonte: Nutrients
Leggi anche: