Come abbiamo visto, il terremoto in Giappone e la conseguente emergenza nucleare ha fatto scattare in Italia i controlli sui prodotti di importazione provenienti dal Sol Levante e confezionati dopo l’11 marzo per controllarne il livello di radioattività e tranquillizzare tutti i consumatori italiani.
Come abbiamo visto, il terremoto in Giappone e la conseguente emergenza nucleare ha fatto scattare in Italia i controlli sui prodotti di importazione provenienti dal Sol Levante e confezionati dopo l’11 marzo per controllarne il livello di radioattività e tranquillizzare tutti i consumatori italiani.
Il ministro della salute Ferruccio Fazio ha dunque optato per la strada dei controlli a tappeto ritenendo eccessivo il blocco delle importazioni dal Giappone: “le misure restrittive – spiega Fabio Fazio intervenuto a margine di un convegno proprio sulla contaminazione alimentare che si è svolto mercoledì scorso – sono relative a prodotti di origine animale, in particolare il pesce pescato e da acquacoltura, e a prodotti di origine vegetale, come salsa di soia, te’ verde e alghe. Mentre per il pescato: crostacei congelati, preparati, farine e caviale”. Tutti prodotti, questi, che “rappresentano una quota non rilevante delle importazioni in quanto, sia per il pesce sia per gli alimenti di origine vegetale, costituiscono lo 0,1% dell’importazione di categoria”.
Il ministro ha poi voluto precisare che la restrizione sarà applicata ai prodotti confezionati dopo dell’11 marzo e che i controlli a campione nei porti e alle frontiere saranno effettuati dai laboratori di Roma e Foggia.
Rassicurazioni arrivano intanto anche dalla Coldiretti che in una nota ricorda come sia possibile “controllare direttamente l’origine del pesce acquistato verificando sul bancone l’etichetta che per legge deve prevedere la zona di pesca e scegliendo la “zona Fao 37” se si vuole acquistare prodotto pescato del Mediterraneo”.
Anche Impresa Pesca della Coldiretti sottolinea come “gli arrivi di pesce dal paese del Sol Levante siano estremamente limitati per un valore che nel 2010 è stato di appena 700mila euro. Nessun problema quindi per sardine e acciughe ma anche per gli altri pesci utilizzati nei ristoranti giapponesi per la preparazione del sushi che vengono comunque acquistati localmente”
Secondo l’analisi dell’associazione, dal Giappone “arrivano soprattutto fiori e piante per un importo di circa 3 milioni di euro nel 2010 ed a seguire quantità marginali di semi oleosi (1,6 milioni), di bevande alcoliche (1,6 milioni), di oli vegetali (0,9 milioni), di prodotti dolciari (0,9 milioni), di pesce (0,7 milioni) e di thè (0,3 milioni). Complessivamente – conclude la Coldiretti – ammonta a 13 milioni di euro il valore dei prodotti agroalimentari importati dal Giappone e che secondo le nuove disposizioni sarà sottoposto a test”.
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