Secondo una nuova ricerca, una tassa sulla carne rossa aiuterebbe a salvare molte vite oltre che ridurre i costi per la sanità mettendo da parte fondi destinati al servizio sanitario. Ma tassare di quanto? Che percentuali darebbero i benefici sperati portando ad una consistente riduzione del suo consumo?
Secondo una nuova ricerca, una tassa sulla carne rossa aiuterebbe a salvare molte vite oltre che ridurre i costi per la sanità mettendo da parte fondi destinati al servizio sanitario. Ma tassare di quanto? Che percentuali darebbero i benefici sperati portando ad una consistente riduzione del suo consumo?
Una tassa sulla carne rossa? Sembra sempre più necessaria, sia per una questione ambientale che per motivi salutistici. Ma quale sarebbe il livello di imposta utile a riflettere i costi sanitari sostenuti nel momento in cui le persone che abitualmente mangiano molta carne rossa si ammalano.
Tenta di dare una risposta un nuovo studio dell’Università di Oxford che parte da un presupposto: tassare la carne rossa farebbe risparmiare molte vite e metterebbe da parte miliardi per pagare l’assistenza sanitaria, rivelando che il costo della carne lavorata, come pancetta e salsicce, potrebbe raddoppiare se si tiene conto del danno che causano alla salute delle persone.
Una eventualità, quella di apporre una tassa sulle carne, che effettivamente è già stata discussa in diversi parlamenti, come Germania, Svezia e Danimarca, mentre in Cina il governo ha tagliato il consumo massimo raccomandato di carne del 45% nel 2016.
Insomma, se i governi già tassano prodotti nocivi per ridurre il loro consumo, come zucchero, alcol o tabacco, con la crescente evidenza del danno alla salute e all’ambiente derivante anche dalla carne rossa, alcuni esperti ora ritengono che una “tassa” su carne bovina, agnello e maiale sia inevitabile a più lungo termine.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato già nel 2015 che la carne rossa trasformata è cancerogena e che la carne rossa non trasformata, come bistecche e braciole, è un probabile cancerogeno. Tuttavia, le persone nelle nazioni ricche mangiano più della quantità raccomandata di carne rossa, che è anche legata a malattie cardiache, ictus e diabete.
La nuova ricerca ha esaminato il livello di imposta necessario per riflettere i costi sanitari sostenuti quando le persone mangiano carne rossa e ha rilevato che una tassa del 20% sulle carni rosse non trasformate e una tassa del 110% sui prodotti trasformati più dannosi in tutti i paesi ricchi, con tasse più basse nelle nazioni meno abbienti, taglierebbe le morti annuali di 220mila individui e raccoglierebbe circa 170 miliardi di dollari.
Il conseguente aumento dei prezzi taglierebbe anche il consumo di carne di due porzioni alla settimana – attualmente le persone nelle nazioni ricche mangiano ciascuna una porzione al giorno. Ciò porterebbe a un risparmio di 41 miliardi di dollari sui costi sanitari annuali.
“Nessuno vuole che i governi dicano alla gente quello che possono e non possono mangiare – dichiara Marco Springmann dell’Università di Oxford. Ma le spese sanitarie sostenute mangiando carne rossa sono spesso pagate da tutti i contribuenti. Va benissimo se vuoi mangiare carne rossa, ma questa decisione sul consumo personale mette davvero a dura prova i fondi pubblici. Non si tratta di togliere qualcosa alle persone, si tratta di essere onesti”.
Una scelta che riguarda solo la nostra salute? Non proprio. È ormai chiaro che mangiare carne stia anche danneggiando il pianeta. Già un’importante analisi del bestiame nel mese di maggio dimostrò che evitare carne e latticini sarebbe il miglior modo per ridurre l’impatto ambientale, mentre a ottobre, gli scienziati hanno riferito che più grandi riduzioni nel consumo di carne sono essenziali per evitare pericolosi cambiamenti climatici, tra cui un calo del 90% del consumo di carne bovina nelle nazioni occidentali.
Lo studio
La nuova ricerca utilizza un approccio denominato “tassazione ottimale” per calcolare la tassa. Si utilizzano i costi sanitari che verrebbero sostenuti mangiando un’ulteriore porzione di carne rossa, piuttosto che i costi sanitari totali sostenuti da tutte le persone che mangiano carne rossa.
Di conseguenza, con le tasse si recupererebbe circa il 70% dei 285 miliardi di dollari spesi ogni anno in tutto il mondo per curare le malattie causate dal consumo di carne rossa. Per coprire i costi sanitari totali, le aliquote fiscali dovrebbero essere nuovamente aumentate a circa il doppio delle aliquote fiscali ottimali.
I ricercatori hanno calcolato le tasse sulla carne rossa per 149 paesi diversi, con una percentuale che dipende da quante carni rosse mangiano i cittadini e dal costo del loro sistema sanitario. Gli Stati Uniti, manco a dirlo, avrebbero tra le aliquote più elevate, con un prelievo del 163% su prosciutto e salsicce e un prelievo del 34% sulle bistecche; mentre nelle nazioni povere in cui le persone mangiano poca carne, l’aliquota fiscale sarebbe vicina allo zero.
Le imposte proposte comporterebbero una riduzione del 16% delle carni lavorate consumate in tutto il mondo, secondo gli scienziati, il che ridurrebbe le emissioni di gas serra causate dal bestiame di 110 milioni di tonnellate all’anno. In più, meno persone diventerebbero obese.
Se una tassa sulla carne rossa può rivelarsi una di quelle misure che andrebbero a favorire l’ambiente e a preservare la salute umana, che ben venga. Aspettiamo come ciascun governo sarà capace di agire.
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Germana Carillo