Sensori di gas composti da elettrodi di carbonio rileveranno la presenza di ammoniaca e trimetilammina nella carne e nei prodotti ittici.
Per combattere gli sprechi a tavola e rivelare in tempo il deterioramento di alcuni cibi, arrivano dei nuovi sensori di deterioramento ecologici a basso costo, collegati a smartphone, destinati soprattutto agli imballaggi di carne e pesce.
A metterli a punto in un nuovo studio sono i ricercatori inglesi dell’Imperial College di Londra e si tratta di sensori di gas composti da elettrodi di carbonio in grado di rilevare la presenza di ammoniaca e trimetilammina nella carne e nei prodotti ittici e di comunicarlo via smartphone.
Ogni anno, ciascun cittadino italiano butta nella spazzatura circa 37 kg di alimenti ancora buoni da mangiare e ogni famiglia getta 85 kg di cibo nel corso dell’anno. Nel complesso, buttiamo via 2,2 milioni di tonnellate di cibo all’anno.
Numeri da capogiro che non possiamo più consentire e, se quando si deve fare la spesa basta acquistare ciò che si deve consumare davvero e fare attenzione alle date di scadenza e quando si cucina è bene evitare di preparare molte più cose di quelle necessarie, ben vengano anche le nuove tecnologie.
I nuovi sensori
Quelli inventati dagli inglesi sono prototipi di laboratorio conosciuti come “sensori di gas elettrici su carta” (PEGS), in grado di rilevare alcuni gas di deterioramento come ammoniaca e trimetilammina nei prodotti a base di carne e pesce. I materiali biodegradabili sono ecologici e non tossici, quindi non danneggiano l’ambiente e sono sicuri per l’uso negli imballaggi alimentari.
I dati del sensore possono essere letti dagli smartphone, in modo che il consumatore possa semplicemente tenere il telefono in mano in direzione dell’imballaggio per vedere se il cibo è sicuro da mangiare.
Grazie alla “near field communications”, una tecnologia che fornisce connettività wireless bidirezionale in circa dieci centimetri, le rilevazioni potrebbero quindi essere subito trasmesse sui dispositivi dei consumatori, in modo da indirizzare le loro scelte alimentari.
I test di laboratorio sono stati condotti su pesci di diversi tipi e sul pollo. Le rilevazioni hanno soddisfatto i ricercatori, al punto da portarli a ipotizzare che “nel tempo sensori di questo tipo potrebbero anche sostituire la data di scadenza”.
“Le date di scadenza non sono completamente affidabili in termini di sicurezza alimentare, dal momento che non di rado le malattie trasmesse dagli alimenti si diffondono perlopiù a causa dello scarso stato di conservazione che si può registrare anche nel periodo in cui un alimento è commestibile”, spiega Firat Güder, ricercatore del dipartimento di bioingegneria dell’Imperial College.
I cosiddetti Pegs sono i primi ad aver ricevuto l’ok all’uso anche da parte dell’industria alimentare. Secondo i ricercatori, una loro diffusione consentirebbe di ridurre l’impatto dello spreco di alimenti e di imballaggi e di determinare indirettamente una riduzione dei prezzi anche di quelle categorie merceologiche per cui spendiamo di più, come la carne e il pesce).
Per il futuro, gli esperti non escludono di poter mettere a punto sensori analoghi in grado di rilevare la presenza di contaminanti chimici nei terreni, di tracciare la qualità dell’aria e di arrivare a diagnosticare alcune malattie.
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Germana Carillo