L’ipersensibilità al glutine esiste ma, secondo le ultime ricerche italiane, riguarda solo l’1,15% della popolazione
Negli ultimi anni alla comparsa di un maggior numero di casi di celiachia, si affianca il numero di persone che si considerano ipersensibili al glutine. Ma è davvero così? Ci sono basi scientifiche per affermare che esiste una sensibilità al glutine diversa dalla vera e propria celiachia?
Gli esperti a questo riguardo si dividono, c’è chi crede ad esempio che un’ampia fetta di popolazione consumando troppo spesso cereali raffinati (pane e pasta bianca) a lungo andare sviluppi una sorta di intolleranza al glutine momentanea, che però rientra evitando di mangiare questi alimenti per qualche mese. C’è poi una parte degli esperti che ritiene invece tutto questo semplicemente una “moda” e/o una maniera per vendere una serie di prodotti gluten free ad una più ampia gamma di consumatori. Finalmente arrivano delle conferme scientifiche (tutte italiane) a fare un po’ di chiarezza e la posizione presa dagli esperti si può considerare una via di mezzo tra i due schieramenti sopra descritti.
L’ipersensibilità al glutine esiste ma colpisce un’esigua minoranza di persone (poco più dell’1%). A dirlo alcuni studi tra cui quello promosso dall’AIC (Associazione Italiana celiachia) e dalla Fondazione Celiachia, in cui sono stati analizzati circa 500 casi in cui si sospettava una ipersensiilità al glutine.
È stato stabilito un identikit della persona più soggetta a soffrire di questo disturbo e i sintomi principali che possono presentarsi: «Il problema è molto più frequente nelle donne e tipicamente, oltre ai sintomi intestinali, si manifesta con disturbi neurologici – ha dichiarato Umberto Volta, docente di medicina interna all’Università di Bologna – I disagi nel 90 per cento dei casi compaiono entro 24 ore dall’assunzione del glutine e spesso il disturbo si associa ad altre patologie, fra cui colon irritabile, intolleranze alimentari e allergie».
Fonte foto: Corriere.it
Si è potuto notare anche che l’incidenza del fenomeno è poco più elevata di quanto avviene per la celiachia. Mentre quest’ultima colpisce circa l’1% della popolazione, l’ipersensibilità al glutine riguarda circa l’1,15% delle persone.
Un’altra ricerca poi, coordinata da Gino Roberto Corazza, direttore della Clinica Medica dell’Università di Pavia, ha analizzato 120 persone che sospettavano un’ipersensibilità al glutine. Per prima cosa i medici gastroenterologi hanno escluso le persone che avevano una vera celiachia, quelle che soffrivano di allergia al frumento, colon irritabile o altre patologie che possono dare sintomi simili. Sono rimasti così in 65: in un primo momento sottoposti a una dieta senza glutine e poi messi invece in contatto con questa proteina in piccole quantità (come quelle presenti in pane e pasta) sotto forma di capsule contro placebo.
I risultati anche in questo caso hanno confermato l’esistenza della sensibilità al glutine e la difficoltà che hanno alcune persone di gestire questa sostanza: «L’uomo non è ‘abituato’ al glutine, entrato nella nostra dieta tardi durante l’evoluzione – ha dichiarato Corazza, del team di ricerca – nella maggior parte delle persone non crea fastidi, ma alcuni, pur non essendo celiaci, avvertono sintomi reali».
L’argomento però è tutt’altro che esaurito dato che la diffusione esatta del fenomeno è difficile da valutare perché mancano studi più numerosi e completi sull’argomento. Fatto sta che molte persone che escludono o limitano al minimo l’assunzione di glutine dalla propria alimentazione trovano grossi benefici. Voi cosa ne pensate, che esperienze avete a riguardo?
Francesca Biagioli
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