Salmoni selvaggi e allevati. Sappiamo davvero riconoscere la differenza? E soprattutto perché le etichette non sono chiare? Adele Grossi ieri su Rai 3 ha mostrato un altro lato del consumo del salmone, mostrando aspetti davvero allarmanti nel servizio “Sano come un pesce” di Indovina chi viene a cena
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Salmoni selvaggi e allevati. Sappiamo davvero riconoscere la differenza? E soprattutto perché le etichette non sono chiare? Adele Grossi ieri su Rai 3 ha mostrato un altro lato del consumo del salmone, mostrando aspetti davvero allarmanti nel servizio “Sano come un pesce” di Indovina chi viene a cena.
Uno dei pesci più consumati e consigliati è il salmone, ricco di omega3 ma purtroppo carico anche di policlorobifenili (PCB) e diossina che si accumulano nel suo grasso. L’Italia ne importa grandi quantità dalla Norvegia. Anche lì la situazione è tutt’altro che sicura e chiara.
Da dove viene il salmone che arriva sulle nostre tavole?
Sui menu dei nostri ristoranti non c’è obbligo di scrivere se pescati o allevati e neanche la loro origine. Le norme europee sull’etichettatura non obbligano i colossi industriali del pesce confezionato a riportare il luogo di provenienza.
Dimentichiamo la scena del pesce che risale la corrente, magari cacciato dagli orsi. I salmoni selvaggi sopravvissuti bastano a malapena per sfamarli.
L’orrore degli allevamenti intensivi
Le case dei salmoni che mangiamo sono gli allevamenti intensivi. Circa 700 mila tonnellate arrivano dagli allevamenti della Norvegia alle tavole europee. Solo nell’area di Bergen sono 1000 gli allevamenti. Qui, i pesci hanno pochissimo spazio per muoversi.
Inquinamento e sostanze tossiche
Si tratta di è una delle industrie più redditizie ma il prezzo da pagare è l’inquinamento ambientale e la scarsa qualità dei prodotti. Per nutrire i salmoni si utilizzano sostanze tossiche mischiate al cibo, riversate direttamente nelle vasche. A raccontarlo ai microfoni di Indovina chi viene a cena è Kurt Oddekalv di The green warrior of Norway, che è riuscito a filmare le scorrettezze che avvengono negli allevamenti. Secondo Oddekalv, gli operai usano le maschere mentre riversano le sostanze chimiche nelle vasche, ma le aziende negano.
Inoltre, gli allevamenti di salmone sono infestati dai pidocchi di mare. Il diflubenzuron è l’unico prodotto che funziona per eliminarli ed è potenzialmente cancerogeno ma inspiegabilmente viene autorizzato per il trattamento, probabilmente per agevolare i produttori.
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Allevamenti di salmoni e pesticidi
Come se non bastasse, nel 2013 il governo norvegese ha aumentato di 10 volte il limite consentito per l‘endosulfano, un pesticida che viene miscelato ai mangimi dei salmoni. Eppure la Commisione europea lo classifica come sostanza indesiderata per l’uomo.
Allevamenti, c’è lo zampino di Monsanto
Negli allevamenti di salmoni della Norvegia viene usata anche l’etossichina, presente nei mangimi. Si tratta di un antiossidante di Monsanto sospettato di essere genotossico, vietato dal 2011 per la frutta dall’Europa ma non per l’allevamento di salmoni.
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Il salmone, dunque, è uno degli alimenti più contaminati. Purtroppo è anche uno dei più consigliati per i bambini per la presenza di omega 3. A farne le spese, neanche a dirlo, siamo noi consumatori.
Ma non è una novità. Ne avevamo parlato anche noi in varie occasioni. Il video che segue è un documentario che già nel 2014 metteva nero su bianco l’orrore degli allevamenti di salmoni.
Tanti motivi che dovrebbero spingerci ad evitare di mangiarlo.