Inondiamo i campi di pesticidi, ma i parassiti e gli insetti infestanti mangia-tutto in realtà tendono ad aumentare per colpa dei cambiamenti climatici, quindi sempre per colpa nostra. Questa la triste e preoccupante previsione emersa da uno studio dell’Università di Vermont (Usa) che allerta: il cibo tenderà a diminuire (mentre la popolazione sulla terra, come è noto, sta aumentando)
Inondiamo i campi di pesticidi, ma i parassiti e gli insetti infestanti mangia-tutto (come ad esempio le cavallette) in realtà tendono ad aumentare per colpa dei cambiamenti climatici, quindi sempre per colpa nostra. Questa la triste e preoccupante previsione emersa da uno studio dell’Università di Vermont (Usa) che allerta: il cibo tenderà a diminuire (mentre la popolazione sulla terra, come è noto, sta aumentando).
Riso, mais, grano, non cibi “superflui”: questi i raccolti che rischiano di essere sempre più scarsi a causa di parassiti e insetti infestanti che proprio di queste colture ci cibano e in modo molto vorace. Parassiti e insetti che spesso vengono combattuti con discutibili metodi come quello delle irrorazioni di pesticidi.
I ricercatori hanno osservato come questi organismi rispondono a una serie di scenari climatici, scoprendo che l’aumento delle temperature globali è in grado di portare ad un aumento delle perdite di raccolto, specialmente nelle regioni temperate. I calcoli dimostrano in particolare che le perdite saranno del 10-25% per grado di riscaldamento.
Disastro annunciato? Dalle previsioni si deduce che un aumento di 2 gradi della temperatura media globale comporterà perdite totali di raccolto di circa 213 milioni di tonnellate per le tre colture. E, purtroppo, il trend sul riscaldamento globale non sembra invertirsi, anzi.
Infatti, nonostante i ripetuti allarmi degli scienziati e gli accordi sul clima, i livelli di CO2, che contribuisce significativamente all’aumento della temperatura sul pianeta, continuano ad aumentare a causa delle attività umane, battendo i loro tristi record anno dopo anno.
Le perdite deriveranno da due fattori, sostengono gli scienziati: un aumento del metabolismo degli insetti e un più rapido tasso di crescita delle loro popolazioni. Per quanto riguarda il metabolismo “quando la temperatura aumenta, il metabolismo degli insetti aumenta, quindi questi devono mangiare di più” spiega Scott Merrill, coautore del lavoro – e ciò danneggerà i raccolti”.
Ma perché saranno proprio le regioni temperate (dove, per esempio, viviamo noi) quelle più colpite?
Il legame con la crescita della popolazione, invece, è più complesso. Gli insetti hanno una temperatura ottimale, continuano i ricercatori, alla quale la loro popolazione cresce meglio. Se quindi fa troppo freddo o troppo caldo rallenterà. Questo è il motivo per cui le perdite saranno maggiori nelle regioni temperate, e meno gravi nei tropici, dove la temperatura ottimale è già raggiunta.
E sarà un particolare problema proprio per il grano, generalmente coltivato in questi climi. Il mais, più “diffuso”, avrà un comportamento disomogeneo, mentre il riso, di solito più adatto a climi più caldi, ne risentirà meno perché, ad un ulteriore incremento delle temperature, l’aumento del metabolismo degli insetti sarà controbilanciato da una rallentamento della crescita delle loro popolazioni.
Risultato? I più consistenti cali di rendimento si verificheranno in alcune delle regioni agricole più produttive del mondo. “[…] se si coltiva molto cibo in una regione temperata, si registreranno perdite più ingenti” avverte Merrill.
Ricordiamo che già attualmente più di 2 miliardi di persone in tutto il mondo sono carenti in uno o più nutrienti e che molti esseri umani si affidano proprio a queste tre colture che insieme rappresentano il 42% delle calorie da noi consumate sulla Terra.
Lo studio, inoltre, “ricorda tristemente” un altro molto recente, dell’Università di Harvard, secondo cui l’aumento delle emissioni di anidride carbonica (quindi anche di temperatura sulla Terra) sta portando ad un impoverimento ancora di grano e riso, con conseguenti carenze nutrizionali per noi.
Tutto questo non può che portare ad un peggioramento dell’insicurezza alimentare, specialmente in quelle parti del mondo in cui questa è già diffusa. E l’insicurezza, la povertà, le differenze sociali inducono conflitti e tensioni, ai quali, purtroppo, vengono spesso date risposte insufficienti e molto miopi.
Un triste e preoccupante scenario, l’unico che dovrebbe veramente spaventare.
Il lavoro, finanziato dalla National Science Foundation e dal Gordon and Betty Moore Foundation, è stato pubblicato su Science.
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Roberta De Carolis