Pfas nei sacchetti per le patatine e altri cibi dei fast food (compresi McDonald’s e Burger King), la nuova indagine

I Pfas sono ovunque e non sono esenti dal problema neppure gli involucri per alimenti, come quelli in cui vengono incartati e serviti i cibi dei fast food. A rivelarlo una nuova indagine di Consumer Reports

In una nuova indagine, condotta su oltre 100 prodotti utilizzati come imballaggi alimentari da catene di ristoranti e fast food negli Usa, Consumer Reports ha rilevato una grande presenza di Pfas nella maggior parte degli involucri.

Negli Stati Uniti sono noti come “forever chemicals” per la loro persistenza nell’ambiente. Parliamo appunto dei Pfas, sostanze perfluoro alchiliche potenzialmente pericolose e purtroppo quasi onnipresenti in prodotti e oggetti che utilizziamo spesso. Tra questi oggi possiamo aggiungere anche le confezioni o gli imballaggi resistenti ai grassi in cui vengono serviti i cibi in ristoranti e fast food.

Leggi anche: PFAS: cosa sono, perché sono pericolosi e li stiamo ritrovando ovunque

Praticamente si tratta di quei sacchetti di cartone per le patatine fritte, degli involucri per hamburger o delle insalatiere e piatti di carta monouso con cui vengono servite le varie pietanze.

Come dicevamo, il test di Consumer Reports ne ha analizzati oltre 100, tutti del mercato statunitense (ma è evidente la probabilità che il problema sia diffuso globalmente).

Oltre la metà delle confezioni dei rivenditori esaminati, tra cui quelle delle più note catene di fast food (Burger King e McDonald’s) contenevano Pfas, mentre quasi un terzo aveva livelli che superavano una soglia limite stabilita dagli esperti di Consumer Reports.

Come si legge sulla rivista statunitense dei consumatori, 8 ristoranti o fast food del test avevano almeno una tipologia di imballaggio alimentare che:

superava il limite di 100 ppm di fluoro organico totale, un livello che non sarà consentito in California a partire dal prossimo anno.

Quasi un terzo dei 37 prodotti aveva poi livelli di fluoro organico superiori a 20 ppm.

Identificare il tipo esatto di Pfas contenuto in un prodotto, sottolinea Consumer Reports, è complesso:

ci sono più di 9.000 PFAS conosciuti, ma i metodi di prova comuni possono identificarne solo un paio di dozzine. Quindi CR ha testato i prodotti per il loro contenuto totale di fluoro organico, che è considerato il modo più semplice per valutare il contenuto totale di PFAS di un materiale. Questo perché tutti i PFAS contengono fluoro organico e ci sono poche altre fonti del composto.

Tra l’altro i Pfas erano anche negli imballaggi di catene di fast food come McDonald’s che ha affermato di volerli eliminare gradualmente entro il 2025, così come di Burger King e Chick-fil-A, entrambe aziende pubblicamente impegnate a ridurre i Pfas nelle loro confezioni.

Uno studio dello scorso anno accusava i produttori di aver trattato intenzionalmente con i Pfas i contenitori per il cibo dei fast food. Leggi anche: I contenitori dei fast food, compresi quelli di McDonald’s sono “trattati intenzionalmente” con PFAS, lo studio europeo di denuncia

pfas imballaggi alimentari

©Consumer Reports

I rischi

Ma come mai tutta questa attenzione verso i Pfas? Ricordiamo che, negli ultimi decenni, l’esposizione ai Pfas è stata collegata a un elenco crescente di problemi di salute tra cui:

  • soppressione del sistema immunitario
  • basso peso alla nascita
  • aumento del rischio di alcuni tumori

Ciò ovviamente solleva un certo allarme sull’uso di questi composti, specialmente in oggetti come gli imballaggi alimentari. Come ha dichiarato Justin Boucher, ingegnere ambientale del Food Packaging Forum, un’organizzazione di ricerca senza scopo di lucro con sede in Svizzera:

Sappiamo che queste sostanze migrano nel cibo che mangi. È un’esposizione chiara e diretta

Un’altra preoccupazione è di tipo ambientale, gli imballaggi infatti vengono gettati nella spazzatura e possono finire nell’ambiente. Se contengono Pfas, questi vanno a contaminare l’acqua e il suolo o si diffondono nell’aria (in caso gli oggetti vengano poi inceneriti).

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Fonte: Consumer Reports

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