Pere, pesche, uva e fragole sono gli alimenti più contaminati dai pesticidi. In essi ne sono presenti diversi contemporaneamente. Lo rivela il nuovo dossier Stop Pesticidi redatto da Legambiente, secondo cui anche se solo l'1,3% dei campioni esaminati sia fuorilegge, il 34% di quelli regolari è contaminato da uno o più fungicidi o pesticidi. Il peggiore è stato un peperone, al cui ne erano presenti addirittura 25
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Pere, pesche, uva e fragole sono gli alimenti più contaminati dai pesticidi. In essi ne sono presenti diversi contemporaneamente. Lo rivela il nuovo dossier Stop Pesticidi redatto da Legambiente, secondo cui anche se solo l’1,3% dei campioni esaminati sia fuorilegge, il 34% di quelli regolari è contaminato da uno o più fungicidi o pesticidi. Il peggiore è stato un peperone, al cui ne erano presenti addirittura 25.
Il dossier di Legambiente Stop Pesticidi riporta i dati elaborati nel 2017 dai laboratori pubblici italiani accreditati per il controllo ufficiale dei residui di prodotti fitosanitari negli alimenti. Queste strutture hanno inviato i risultati di 9.939 campioni di provenienza italiana ed estera.
Anche se l’Italia ha adottato un Piano d’Azione Nazionale per ridurre il rischio associato ai pesticidi, ciò che finisce sulle nostre tavole, dalla frutta alla carne, è spesso contaminato da più sostanze. Il multiresiduo è più frequente del monoresiduo: è stato ritrovato nel 18% del totale dei campioni esaminato, rispetto al 15% dei campioni con un solo residuo.
Se da una parte il dossier racconta che il 61% dei campioni analizzati risulti regolare e privo di residui di pesticidi, dall’altra a destare preoccupazione non sono i campioni fuorilegge, che rappresentano poco più dell’1% ma il 34%, per legge ritenuti regolari, ma al cui interno sono stati trovati uno o più residui di pesticidi.
Secondo Legambiente
“il problema vero è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano”.
Gli alimenti più contaminati
È la frutta è la categoria alimentare in cui sono stati trovati più tracce di pesticidi contemporaneamente. Secondo l’analisi, solo il 36% dei campioni esaminati è risultato privo di residui. L’1,7% è irregolare e oltre il 60%, nonostante sia considerato regolare, presenta uno o più di un residuo chimico.
In testa a questa triste classifica troviamo :
- le pere (64%)
- l’uva da tavola (61%)
- le pesche (57%)
- le fragole (54% di campioni regolari con multiresiduo e un 3% di irregolarità).
Inoltre, alcuni campioni di fragole, anche di provenienza italiana, presentavano fino a 9 residui contemporaneamente. Situazione simile anche per l’uva da tavola, che è risultata avere fino a 6 residui. I campioni di papaya sono risultati tutti irregolari per il superamento del limite massimo consentito del fungicida carbendazim.
Sul fronte della verdura, i risultati sono contraddittori. Da una parte, il 64% dei campioni non presentava alcun residuo. Dall’altra, sono state trovate significative percentuali di irregolarità in alcuni prodotti, come l’8% di peperoni, il 5% degli ortaggi da fusto e oltre il 2% dei legumi, rispetto alla media degli irregolari per gli ortaggi (1,8%).
Nella maggiore parte dei casi di irregolarità, è stato riscontrato il superamento dei limiti massimi di residuo consentiti per i fungicidi, tra cui il più ricorrente è il boscalid.
Inoltre, alcuni campioni di pomodoro provenienti da Sicilia e Lazio presentavano fino a 6 residui contemporaneamente, e un campione di lattuga proveniente dal Lazio addirittura 8.
Per i prodotti origine animale, 11 campioni di uova italiane (il 5% del totale campionato) risultano contaminate dall’insetticida fipronil.
Quali sono le sostanze più presenti
Secondo l’analisi, le sostanze più presenti nei campioni sono, nell’ordine: il boscalid, il chlorpyrifos e il fludioxonil. A seguire troviamo il metalaxil e il captan, entrambi fungicidi, mentre in sesta posizione l’imidacloprid, insetticida neonicotinoide vietato dal 2019 per tutelare gli insetti impollinatori.
Confrontando i campioni esteri e quelli italiani, quelli con più irregolarità e residui sono stati quelli esteri il 3,9% rispetto allo 0,5% di quelli nazionali. Il 33% presenta almeno un residuo contro il 28% dei prodotti italiani. Anche nei campioni di provenienza estera è la frutta la categoria in cui si osserva la percentuale più alta di residui: il 61% di tali campioni di frutta presenta almeno un residuo. Tra gli ortaggi, il 51% dei pomodori e il 70% dei peperoni esteri contengono almeno un residuo.
Il biologico
Sul fronte dell’agricoltura biologica, i 134 campioni analizzati risultano regolari e senza residui. Unica eccezione un campione di pere, di cui non si conosce l’origine, che risulta irregolare per la presenza di fluopicolide. Per Legambiente
“l’ottimo risultato è ottenuto anche grazie all’applicazione di ampie rotazioni colturali e pratiche agronomiche preventive, che contribuiscono a contrastare lo sviluppo di malattie e a potenziare la lotta biologica tramite insetti utili nel campo coltivato”.
Ma c’è ancora molto da fare.
“Solo una modesta quantità del pesticida irrorato in campo raggiunge in genere l’organismo bersaglio. Tutto il resto si disperde nell’aria, nell’acqua e nel suolo, con conseguenze che dipendono anche dal modo e dai tempi con cui le molecole si degradano dopo l’applicazione – dice il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti -. Le conseguenze si esplicano nel rischio di inquinamento delle falde acquifere e nel possibile impoverimento di biodiversità vegetale e animale. Effetti ai quali ancora oggi non si dà il giusto peso, nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato le conseguenze che l’uso non sostenibile dei pesticidi produce sulla biodiversità e sul suolo. Per questo auspichiamo che il futuro Piano d’azione nazionale sull’uso sostenibile dei pesticidi preveda obiettivi ambiziosi e tempi rapidi per la loro riduzione; il rafforzamento del sistema dei controlli sugli alimenti e l’adozione di misure a tutela della salute delle persone”.
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