Il pesce in gravidanza fa bene ma attenzione a non esagerare perché potrebbe esporre il bambino a rischio obesità. E’ quanto dice uno studio condotto dall’Università di Creta pubblicato su Jama Pediatrics e ripreso dal quotidiano inglese The Daily Mail.
Il pesce in gravidanza fa bene ma attenzione a non esagerare perché potrebbe esporre il bambino a rischio obesità. È quanto dice uno studio condotto dall’Università di Creta pubblicato su Jama Pediatrics.
Mangiare pesce fa bene e viene consigliato soprattutto in gravidanza perché ricco di omega 3, acidi grassi che aiutano a prevenire molte patologie, tra cui il rischio di diabete di tipo 2, colite e morbo di Crohn ma, portarne in tavola più di 3 porzioni a settimana, potrebbe associarsi a un maggior rischio di obesità infantile.
Il pesce, infatti, è spesso vittima dell‘inquinamento dei mari e le sostanze che assorbe andrebbero ad alterare il sistema endocrino del futuro bambino.
La media del consumo di pesce durante la gravidanza varia in base alle diverse aree e va dalle 0,5 volte a settimana del Belgio alle 4,45 della Spagna. Per alto consumo si intendono più di 3 porzioni a settimana, una volta o meno è considerato invece basso consumo.
Nello studio, condotto dalla dottoressa Leda Chatzi, sono state prese in esame 26.000 donne europee e statunitensi durante la gravidanza. Si è osservato il loro consumo di pesce settimanale e si è monitorata la gravidanza e poi la crescita dei loro neonati fino ai 6 anni.
Alla fine dello studio si è visto che le donne che mangiavano pesce più di 3 volte a settimana avevano una probabilità del 14% in più di avere figli obesi all’età di 4 anni e del 22% in più all’età di 6 anni, con probabilità maggiore nelle femmine rispetto ai maschi.
Nello specifico tra i bambini, 8.215 (il 31% del campione) sono cresciuti velocemente dalla nascita fino ai 2 anni, mentre il 19,4% era sovrappeso o obeso a 4 anni (4.987) e il 15,2% a 6 (3.476). Le donne che hanno mangiato pesce per più di 3 volte la settimana durante la gravidanza hanno partorito figli con un indice di massa corporea più alto a 2, 4 e 6 anni rispetto ai figli di coloro che avevano mangiato meno pesce.
Sarebbe quindi, la contaminazione da inquinanti ambientali a fornire una spiegazione del fenomeno. Tuttavia i ricercatori specificano di non aver preso in considerazione il tipo di pesce (se pescato quindi in mare o in acque dolci), la specie, né i metodi di cottura.
Inoltre, – si legge nello studio– in assenza di informazioni sugli inquinanti organici persistenti in tutte le coorti partecipanti, l’ipotesi che il consumo di pesce possa avere un ruolo nelle associazioni osservate rimane speculativa.
Già nel 2014, la Food and Drugs Administration e l’Environmental Protection Agency avevano consigliato a donne incinte e in allattamento di non consumare più 3 porzioni a settimana di pesce per limitare l’esposizione del feto al metilmercurio però in realtà, non state ancora individuate le quantità ottimali di consumo di pesce per garantire al nascituro una crescita equilibrata.
Dominella Trunfio
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