Parlare in maniera indistinta di frodi e manodopera schiavizzata getta cattiva luce sul settore agroalimentare. La replica di Anicav.
Tutto è partito ad aprile scorso, con lo scandalo che coinvolse l’azienda Petti, poi seguì l’operazione “Scarlatto due” (che portò al sequestro di 821 tonnellate di concentrato di pomodoro proveniente dall’Egitto e contaminato da pesticidi) e poi ancora la “Scarlatto tre”. Non è un buon momento per conserve e passate di pomodoro e la frode alimentare pare sia dietro l’angolo, ma l’associazione di categoria ha deciso di dire la sua.
L’Anicav, l’Associazione nazionale industriali delle conserve alimentari vegetali, chiede infatti di far chiarezza su questioni fondamentali, partendo dal presupposto che – dicono – parlare in maniera indistinta di frodi e di manodopera schiavizzata getta cattiva luce su un intero settore che è una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano nel mondo.
E allora come stanno realmente le cose?
Snoccioliamo un po’ di numeri: nel 2020 l’Italia ha segnato una produzione di 5,2 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, a fronte di circa 65.634 Ha messi a coltura. È, di fatto, il terzo trasformatore mondiale dopo gli Stati Uniti e la Cina e rappresenta il 13% della produzione mondiale e circa il 53% del trasformato europeo, oltre ad essere il primo Paese produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale.
Come Associazione è noto il nostro totale impegno a favore della massima trasparenza a tutela della salute dei consumatori, così come testimoniato nel corso degli anni anche dalle posizioni assunte a sostegno dell’introduzione dell’etichettatura di origine obbligatoria per tutti i derivati del pomodoro e dal lavoro che stiamo portando avanti in sinergia con la Stazione Sperimentale delle Conserve per la caratterizzazione dei macro e micro elementi minerali presenti nel pomodoro finalizzato all’identificazione della zona d’origine dei derivati che, una volta implementato, potrà rappresentare un fondamentale strumento a difesa delle nostre produzioni e a tutela del consumatore finale.
Per quanto riguarda le importazioni di concentrato, l’Italia ne importa da diversi mercati come la Cina, gli States, la Spagna e il Portogallo e le importazioni dai due maggiori Paesi produttori, Cina e USA (California), variano in base alle oscillazioni dei tassi di cambio e delle produzioni/sovrapproduzioni interne.
Circa il 90% del concentrato importato viene rilavorato dalle nostre aziende e poi riesportato, con la dicitura in etichetta “confezionato in Italia” e non “prodotto in Italia”, verso Paesi terzi, prevalentemente nord e west Africa e medio Oriente dove il consumo di questo derivato è molto diffuso, dicono dalla Anicav.
Le importazioni di concentrato di pomodoro non rappresentano un problema particolarmente rilevante per il nostro sistema agricolo e industriale in quanto la concorrenza avviene su livelli diversi. Il pomodoro coltivato in Italia è, per la sua elevata qualità, destinato alle produzioni di maggiore “pregio” – come, ad esempio, i pomodori pelati, prodotto caratteristico delle aziende del Bacino Centro Sud – che l’Industria conserviera, con grandi difficoltà, cerca di vendere (non sempre riuscendo) a condizioni sufficientemente utili a coprire il costo della materia prima.
Il caporalato
Non possiamo in alcun modo accettare che si dichiari, con una certa leggerezza, che la manodopera “al sud continua ad essere schiavizzata”, dicono dalla Anicav, affermando che in Italia quasi tutto il pomodoro da industria viene raccolto meccanicamente: per il 100% al Nord e per oltre il 90% nel bacino Centro Sud.
Si ricorre, si legge nella nota della associazione, alla raccolta manuale soltanto in casi particolari, campi con alta presenza di pietrisco di grosse dimensioni e campi collinari con forte pendenza dove le macchine non possono arrivare, situazioni che vengono amplificate a seguito di forti piogge, allorquando l’agricoltore si vede costretto a raccogliere il pomodoro ormai maturo. La raccolta a mano è utilizzata, inoltre, solo per alcune specifiche produzioni di nicchia, come ad esempio il pomodoro San Marzano DOP.
E quanto riguarda il pomodoro pelato? La Anicav dichiara di portare avanti un lavoro insieme al Comitato Promotore per l’ottenimento del riconoscimento della IGP Pomodoro Pelato di Napoli per rilanciare il prodotto sui mercati nazionali ed internazionali.
Fonte: Anicav
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