Gli oli vegetali non sono tutti uguali, scopriamo i vari punti di fumo e quando sarebbe meglio utilizzarne uno piuttosto che un altro.
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Gli oli vegetali non sono tutti uguali e il loro utilizzo in cucina dovrebbe essere ben calibrato. Scopriamo i vari punti di fumo dei più comuni tipi di olio e quando sarebbe meglio utilizzarne uno piuttosto che un altro.
Sugli scaffali dei supermercati troviamo differenti tipologie di oli vegetali, alcuni si prestano meglio alle fritture, altri a cotture a basse temperatura e altri ancora ad essere utilizzati esclusivamente a crudo per condire gli alimenti.
Il fatto importante da considerare è che la cottura in olio vegetale sottoposto ad alte temperature può comportare il rilascio di sostanze chimiche tossiche.
C’è poi, come ad esempio nel caso della frittura, un problema di leggerezza. Alcuni oli vengono assorbiti molto di più dai cibi rispetto ad altri e di conseguenza abbiamo lo svantaggio di trovarci alle prese con alimenti più pesanti da digerire, che lasciano quel senso di unto in bocca, più calorici e che ci espongono anche maggiormente a problemi di salute.
Sapete dunque qual è il miglior olio da usare nelle diverse situazioni che possono presentarsi nella vostra cucina?
Cos’è il punto di fumo?
Vi sarà capitato di dimenticare l’olio in una padella a fuoco vivo e di ritrovarlo che sta sprigionando molto fumo. Questo accade perché ogni grasso di cottura, che si tratti di burro, strutto o olio, ha un punto di fumo: ovvero un certo limite che corrisponde ad una determinata temperatura raggiunta la quale l’olio inizia a disgregarsi rilasciando fumi acri e spesso tossici.
Riscaldato oltre il suo punto di fumo, l’olio inizia a liberare radicali liberi e una sostanza chimica chiamata acroleina, la stessa che dà ai cibi bruciati il loro tipico sapore e odore.
Per capire come i punti di fumo influenzano il cibo, dobbiamo guardare da dove provengono i grassi che comunemente utilizziamo e come sono stati prodotti.
Tradizionalmente gli oli vengono estratti da noci e semi tramite frantumazione meccanica e pressatura. Se imbottigliato subito dopo si ha un olio crudo o “vergine” che tende a mantenere il suo sapore e colore naturale. Molti oli di questo tipo, non raffinati, sono ricchi di minerali, enzimi e altri composti che però non si adattano bene al calore e tendono ad essere particolarmente sensibili alla rancidità. Si tratta dunque di oli più adatti a cotture a basse temperature o addirittura ad essere consumati a crudo.
Per ricavare un olio con un alto punto di fumo, i produttori utilizzano processi di raffinamento a livello industriale come sbiancamento, filtraggio e riscaldamento ad alta temperatura per estrarre ed eliminare quei composti. Quello che rimane è un olio dal sapore neutro con una maggiore durata e un punto di fumo più alto.
Generalmente gli oli raffinati sono più stabili e più adatti alla cottura ad alte temperature come la frittura rispetto ad oli non raffinati proprio perché tendono ad avere un punto di fumo più alto. Più alto è il punto di fumo di un grasso più metodi di cottura si possono usare.
C’è da dire poi che più a lungo viene riscaldato un olio più basso diventa il punto di fumo, ciò significa che riutilizzare l’olio per cucinare è una pessima idea!
Confronto tra oli
Olio extravergine d’oliva
L’olio extravergine d’oliva è ideale per condire insalate, verdure o qualsiasi tipo di alimento così come anche da mangiare semplicemente con il pane. Il suo uso migliore è sicuramente a crudo, anche per mantenere gli antiossidanti e le vitamine in esso contenute. Secondo una ricerca condotta da Cobram, il più grande fornitore australiano di olio d’oliva, l’Evo (altro nome per definire quest’olio) di alta qualità può raggiungere punti di fumo a temperature comprese tra 200-215° (la maggior parte degli esperti ritiene invece che il punto di fumo sia più basso e si attesti ad un massimo di 190°) rendendolo un’opzione salutare per la maggior parte dei tipi di cottura, inclusa la cottura al forno.
Gli antiossidanti naturali e le vitamine A, D, E e K rendono questo uno degli oli più salutari da consumare. Le ricerche hanno dimostrato che l’olio extravergine di buona qualità riduce il rischio di malattie cardiache, diabete di tipo 2 e alcuni tipi di cancro.
Olio d’oliva
Si tratta di un olio più raffinato, stabile e neutro nel sapore. Il processo con cui si realizza elimina però la maggior parte, se non tutto, il suo colore naturale, oltre che le vitamine, i sali minerali e gli antiossidanti presenti nell’extravergine. È un olio che ha un punto di fumo relativamente alto (240°) e si può usare sia per le fritture superficiali che per quelle più profonde. C’è chi lo apprezza anche come grasso per torte o biscotti poiché il sapore è relativamente neutro.
Olio di semi di girasole
Estratto dai semi dei girasoli, viene solitamente raffinato, un processo che prevede l’uso di solventi chimici come l’esano. Mentre questo processo lo rende più stabile, e quindi adatto per la cottura ad alta temperatura, elimina anche alcuni nutrienti presenti in natura. Con un punto di fumo intorno ai 225°, l’olio di girasole è ottimo per friggere.
Olio di arachidi
Questo olio che contiene grassi prevalentemente monoinsaturi ha un punto di fumo relativamente alto che si attesta a circa 230°. Ottenuto dalla spremitura dei noccioli di arachidi, ha un colore giallo intenso, aroma di nocciola e sapore dolce, quello raffinato ha un colore giallo chiaro e un sapore neutro.
Olio di riso
Estratto dalla crusca e dal germe, questo olio dal gusto neutro ha una bassa viscosità e un punto di fumo alto (circa 260°) è quindi ideale per arrostire e cuocere ingredienti che non si vuole appesantire e dal sapore delicato. Si può usare per friggere o per ripassare nel wok ad alte temperature.
Olio di cocco
L’olio di cocco vergine è un popolare sostituto per il burro in cucina. La sua dolcezza naturale lo rende ideale per la cottura di alcuni piatti saltati in padella. Ha un basso punto di fumo (circa 175°) e quindi non è indicato per la cottura ad alte temperature come la frittura. Da evitare poi di acquistare olio di cocco idrogenato che subisce un processo di calore e pressione estremi e l’introduzione di idrogeno per rendere l’olio più stabile e durare più a lungo.
Olio di semi di lino
L’olio di semi di lino è un esempio di olio che non va mai sottoposto ad alte temperature. Si ottiene premendo i semi secchi e maturi della pianta di lino, contiene grandi quantità di omega-3 vegetale e non va utilizzato per cuocere (non si tratta quindi di un olio da cucina) ma solo a crudo come condimento o supplemento dietetico.
Ecco una tabella in cui potete trovare i punti di fumo di una serie di oli e grassi (anche non citati nel nostro elenco ma molto usati negli Usa) tratta da “The Professional Chef” guida del Culinary Institute of America.
Tutti gli olii neutri elencati in questa tabella sono raffinati. Anche se esistono versioni non raffinate generalmente sono questi che si trovano sugli scaffali dei supermercati e vengono utilizzati più frequentemente.
Come conservare gli oli
Indipendentemente che vengano utilizzati o meno, tutti gli oli ad un certo punto si disgregano e diventano rancidi, il consumo a lungo termine di prodotti irranciditi è stato collegato ad un maggiori rischio obesità, invecchiamento precoce e cancro. È bene dunque conservare tutti gli oli lontani da fonti di calore, in un luogo fresco e al buio in modo tale da prolungare la loro vita e prevenirne l’irrancidimento.
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