Che cosa accadrebbe se colture OGM e cibi geneticamente modificati arrivassero normalmente sulle nostre tavole? Sarebbe altamente probabile il manifestarsi di una situazione molto simile a quella statunitense, dove gli alimenti in vendita, a meno che non siano certificati come biologici, e di conseguenza privi di OGM, sono per la maggior parte ottenuti tramite l’ntervento dell’ingegneria genetica.
Che cosa accadrebbe se colture OGM e cibi geneticamente modificati arrivassero normalmente sulle nostre tavole? Sarebbe altamente probabile il manifestarsi di una situazione molto simile a quella statunitense, dove gli alimenti in vendita, a meno che non siano certificati come biologici, e di conseguenza privi di OGM, sono per la maggior parte ottenuti tramite l’ntervento dell’ingegneria genetica.
Ci riferiamo sia alla frutta che alla verdura, ma anche a tutti quegli alimenti confezionati che potrebbero essere stati ottenuti utilizzando ingredienti provenienti da colture geneticamente modificate. Negli Stati Uniti che ciò avvenga è la pura normalità. A confermarlo ancora una volta è un’indagine condotta da parte dell’Environmental Working Group (EWG), che lamenta tra l’altro la scarsa trasparenza delle etichette apposte sui prodotti alimentari per quanto riguarda il loro contenuto di OGM.
Per quantificare quanti alimenti sottoposti ad interventi da parte dell’ingegneria genetica consumino gli americani ogni anno, l’EGW ha deciso di prendere in considerazione i dati forniti da parte dell’ U.S. Department of Agriculture (USDA) per quanto riguarda il 2011. Essi riguardavano per la precisione quattro categorie di alimenti: zucchero, dolcificanti a base di mais, oli per il condimento e prodotti derivati dal mais in generale.
Tali dati sono stati affiancati ad alcune percentuali messe a disposizione da parte dell’USDA, che indicavano come il 95% delle barbabietole da zucchero, il 93% dei fagioli di soia e l’88% del mais coltivati negli Stati Uniti siano geneticamente modificati. Il 79% dell’olio utilizzato dagli statunitensi in cucina è olio di soia, mentre il 55% dello zucchero consumato viene ottenuto dalle barbabietole.
Il risultato? Gli americani consumano in media circa 87 kg di alimenti geneticamente modificati ciascuno ogni anno e, considerando che ogni americano pesa in media 81 kg, ogni individuo consuma tanto cibo OGM quanto pesa, se non di più. Secondo Renee Sharp, principale autore dell’indagine, ciò che dovrebbe destare maggiore preoccupazione è il fatto che, sebbene la popolazione statunitense consumi cibo geneticamente modificato in quantità, il Governo non abbia mai pensato di condurre uno studio approfondito sugli effetti a lungo termine di questo tipo di alimentazione.
I dati raccolti da parte degli esperti rivelano che ogni americano consuma all’anno: 30 kg di zucchero derivato da barbabietole, 26 kg di sciroppo di mais, 17 kg di olio di soia e circa 13 kg di prodotti a base di mais. A tali quantità devono essere aggiunti altri prodotti che derivano da ingredienti geneticamente modificati, come papaia, zucche gialle, alimenti a base di soia, olio di colza e olio di cotone.
Senza contare le preoccupazioni aggiuntive legate alla coltivazione di alimenti geneticamente modificati, che riguardano come la loro diffusione abbia provocato un ingente incremento dell’impiego di pesticidi in agricoltura, oltre alla nascita di erbe infestanti e di insetti fortemente resistenti all’azione dei pesticidi e degli erbicidi. La situazione statunitense è tanto preoccupante che ogni cittadino, per non doversi ritrovare a consumare alimenti OGM, è obbligato ad acquistare prodotti biologici, nella speranza che essi non abbiano subito alcuna contaminazione, data l’ampia diffusione di campi coltivati utilizzando sementi geneticamente modificate.
Marta Albè