Aumenta la CO2, diminuiscono i nutrienti. Queste le preoccupanti previsioni di un gruppo di ricerca dell’Harvard Chan School (Usa). Cibi come riso e grano stanno infatti diventando più “poveri” in coincidenza (e per causa) dell’incremento dei livelli di anidride carbonica. Ed è solo colpa nostra
Aumenta la CO2, diminuiscono i nutrienti. Queste le preoccupanti previsioni di un gruppo di ricerca dell’Harvard Chan School (Usa). Cibi come riso e grano stanno infatti diventando più “poveri” in coincidenza (e per causa) dell’incremento dei livelli di anidride carbonica. Ed è solo colpa nostra.
Il gas ad effetto serra infatti, direttamente legato alle attività umane, sta impoverendo il nostro cibo, quello base, come riso e grano. Questo potrebbe causare 175 milioni di persone carenti di zinco e 122 milioni carenti di proteine entro il 2050. Inoltre più di 1 miliardo di donne e bambini potrebbero essere a maggiore rischio di anemia e altre malattie a causa di carenze di ferro.
Lo studio segue un precedente che aveva già segnalato il pericolo che le popolazioni di 18 paesi potessero perdere oltre il 5% delle loro proteine entro il 2050 proprio a causa dell’anidride carbonica. Il lavoro era stato però effettuato su un minor numero di alimenti e Paesi.
In questo nuovo lavoro i ricercatori hanno sviluppato un’analisi più solida e accurata del carico sanitario globale derivante dai cambiamenti di nutrienti correlati alle emissioni di CO2 nelle colture in 151 Nazioni.
A questo scopo hanno generato un insieme unificato di ipotesi su tutti i nutrienti e utilizzato set di dati di approvvigionamento alimentare più specifici per età e sesso in modo da migliorare le stime degli impatti su 225 alimenti diversi.
“La nostra ricerca chiarisce che le decisioni che prendiamo ogni giorno, come riscaldiamo le nostre case, ciò che mangiamo, come ci muoviamo, ciò che scegliamo di acquistare, stanno rendendo il nostro cibo meno nutriente e mettendo a repentaglio la salute di altre popolazioni e il futuro di intere generazioni” tuona Sam Myers, autore principale dello studio.
Purtroppo, nonostante i continui allarmi degli scienziati, i livelli di CO2 continuano a salire, battendo di continuo i loro tristi record e contribuendo in modo molto pesante al riscaldamento globale.
Lo studio ha quindi utilizzato queste stime, unite a quelle sulla popolazione mondiale al 2050 e ai dati derivati dalle analisi degli effetti del gas sulle colture di grano e riso, evidenziando le preoccupanti previsioni.
Entro la metà di questo secolo, in particolare, la concentrazione del gas nell’atmosfera potrebbe raggiungere un livello tale da rendere l’1,9% della popolazione globale (circa 175 milioni di persone) carente di zinco e l’1,3%, (circa 122 milioni di persone) carente di proteine. Inoltre 1,4 miliardi di donne in età fertile e bambini sotto i 5 anni attualmente ad alto rischio di carenza di ferro potrebbero avere un’assunzione dell’elemento ridotta del 4% o più.
Teniamo conto che già attualmente più di 2 miliardi di persone in tutto il mondo sono carenti in uno o più nutrienti e che, in generale, gli esseri umani tendono a ricevere la maggior parte di quelli chiave dalle piante: il 63% delle proteine alimentari proviene infatti da fonti vegetali, oltre all’81% di ferro e al 68% di zinco.
Soprattutto costoro, dunque, vedrebbero peggiorare le loro condizioni a causa di raccolti più poveri. Il divario con il mondo “ricco” aumenterebbe e molte crisi mondiali, che sfociano in guerre con disastrose conseguenze, non farebbero che peggiorare.
A questo proposito, dallo studio emerge come l’India potrebbe avere il peso maggiore, con circa 50 milioni di persone carenti di zinco, 38 milioni carenti di proteine e 502 milioni di donne e bambini vulnerabili a malattie associate a carenza di ferro. Ma anche altri Paesi dell’Asia meridionale, del Sud-Est asiatico, dell’Africa e del Medio Oriente subirebbero un impatto significativo.
“Questa ricerca mostra un principio fondamentale della salute planetaria – spiega ancora Myers – Non possiamo modificare la maggior parte delle condizioni biofisiche a cui ci siamo adattati per milioni di anni senza impatti sulla nostra salute e sul nostro benessere”.
Un principio che sembra quasi ovvio, ma che ancora fa fatica ad essere compreso.
La ricerca è stata pubblicata su Nature Climate Change.
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Roberta De Carolis