La quantità di plastica accumulata nel cibo che mangiamo - secondo gli esperti - potrebbe essere sottostimata
Un recente studio condotto dall’Università di Portsmouth lancia l’allarme: la quantità di plastica accumulata nel cibo che mangiamo potrebbe essere sottostimata. Inoltre, le microplastiche presenti negli alimenti potrebbero portare anche batteri dannosi nella catena alimentare.
I ricercatori dell’Università di Portsmouth hanno condotto alcuni esperimenti osservando l’alimentazione delle ostriche. È emerso che le microplastiche coperte da uno strato di batteri (un cosiddetto biofilm) risultano più ‘appetitose’ per i molluschi rispetto a quelle più pulite. (Leggi anche: Le scogliere di cozze aumentano il rischio di esposizione e consumo di microplastiche. Lo studio)
Sappiamo che le microplastiche possono essere il veicolo con cui i batteri si concentrano nelle acque costiere e questo esperimento dimostra che queste vengono più facilmente assorbite dai molluschi, finendo nell’alimentazione di altri animali marini e, in ultimo, dell’uomo – spiega Jo Preston, fra gli autori dello studio.
Fino ad ora gli studi condotto per testare l’impatto delle microplastiche sulla vita marina hanno utilizzato microplastiche ‘vergini’, non contaminate. Queste condizioni, tuttavia, non sono quelle reali in cui le microplastiche si trovano nelle acque degli oceani: microbi e batteri, infatti, ‘colonizzano’ la superficie delle microplastiche non appena queste entrano nell’oceano. (Leggi anche: Sono oltre 70 anni che i pesci ingeriscono microplastiche, nuovo studio shock)
Lo studio di Portsmouth, invece, ha messo a confronto l’impatto delle microplastiche ‘pulite’ con quello delle microplastiche ricoperte da un biofilm contenente il batterio E.coli. i risultati sono stati preoccupanti: le ostriche hanno ingerito dieci volte più microplastiche se queste erano contaminate dai batteri – evidentemente le microplastiche ricoperte dal biofilm sono più simili al cibo nella percezione dei molluschi, che le preferiscono a quelle non contaminate. Le conseguenze per l’ambiente e per l’alimentazione (anche la nostra) sono preoccupanti: le microplastiche, infatti, non vengono digerite dai molluschi e restano nel loro organismo fino a che non vengono mangiate da qualche altro animale.
Possiamo definire le microplastiche un ‘Cavallo di Troia’ del mondo marino: se hanno un basso impatto sulla respirazione e sull’alimentazione delle ostriche quando non contaminate, il loro effetto devastante aumenta notevolmente quando sono ‘nascoste’ dal biofilm – spiega ancora Preston. – I danni provocati da ciò che abbiamo scoperto sono ancora poco chiari, ma questo studio apre la porta di ulteriori ricerche sul tema e sugli impatti a lungo termine delle plastiche contaminate da biofilm non solo sui molluschi, ma su tutti gli abitanti marini.
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Fonti: Science of the Total Enviroment / University of Portsmouth
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