La catena numero uno di fast-food nel mondo inizia a vacillare? E' presto per avanzare delle ipotesi, di certo c'è che per la prima volta dal 1970, McDonald's inizia a chiudere i propri ristoranti nella patria del junk food, l'America (ma non solo). Troppa concorrenza o cambio nei gusti alimentari?
La catena numero uno di fast-food nel mondo inizia a vacillare? È presto per avanzare delle ipotesi, di certo c’è che per la prima volta dal 1970, McDonald’s inizia a chiudere i propri ristoranti nella patria del junk food, l’America (ma non solo). Troppa concorrenza o cambio nei gusti alimentari?
All’inizio del 2015, il colosso degli hamburger aveva annunciato la chiusura di 350 sedi, a cui di recente se ne sono aggiunte altre 350 sparse tra America, Giappone e Cina.
Un numero che potrebbe sembrare piccolo rispetto a quello totale dei McDonald’s nel mondo, circa 14.300, ma i dati hanno spaventato i manager che per contrastare il calo dell’11% dei ricavi e del 30% dei profitti nei primi tre mesi di quest’anno, hanno adottato misure drastiche.
Il calo delle vendite in realtà potrebbe essere interpretato o con la troppa concorrenza o con il cambio dei gusti alimentari. McDonald’s potrebbe aver chiuso da un lato, perché Burger King, Five Guys Burgers, Chipotle, KFC e Taco Bell, tanto per citarne alcuni, offrono prezzi più bassi (alla stessa qualità percepita), dall’altro – ed è l’ipotesi che ci auguriamo – perché i consumatori sono stanchi di mangiare patatine fritte e hamburger.
Anche se ultimamente la campagna promozionale McDonald’s punta su slogan di svolta salutista, come “coltivazioni controllate e zero conservanti” piuttosto che “scopri da dove proviene la nostra frutta“, risulta difficile pensare che chi fa dell’alimentazione sana il proprio stile di vita, metterà piede in un fast food, anche se per esempio questo offre il McVeggie. Prova ne è l’effetto boomerang di tanti spot lanciati sui media.
L’idea di accontentare tutti è sicuramente quella di Steve Easterbrook, CEO di McDonald’s: “Come azienda leader a livello mondiale, ci stiamo evolvendo per essere più attenti alle esigenze dei consumatori ma anche a quelle del mercato competitivo”.
Secondo il New York Times, dopo decenni di aumento del tasso di obesità, gli americani hanno acquisito più consapevolezza a tavola. È diminuito infatti, del 9% il consumo di calorie e del 25% quello delle bibite gassate e aumentato del 10% quello di frutta e verdura. Dal 1990 grazie a ricerca scientifiche e campagne di sensibilizzazione anche negli Stati Uniti si iniziano a eliminare gli eccessi.
Anche Michelle Obama con la sua campagna “Let’s move” da tempo, invita tutti a fare attività fisica e mangiare meglio. E sembrerebbe proprio che i suoi appelli dall’orto della Casa Bianca abbiano colpito nel segno.
Dominella Trunfio
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