Secondo un nuovo test de Il Salvagente più della metà del latte in commercio è contaminato da antibiotici e altri tipi di farmaci.
Il latte italiano, un alimento che spesso bevono anche i bambini, è davvero sicuro o gli allevamenti intensivi rendono questo prodotto in qualche modo insalubre? Secondo un nuovo test, più della metà del latte in commercio è contaminato da antibiotici e altri tipi di farmaci.
Negli allevamenti, si sa, c’è il rischio di infezioni e malattie che gli animali spesso a stretto contatto tra loro tendono a passarsi l’uno con l’altro e inoltre, nel caso delle mucche da latte, c’è il problema della mastite. Ecco allora che troppo spesso si abusa di antibiotici e altri tipi di farmaci per evitare problemi. Ma questi finiscono nel nostro latte? Evidentemente sì, e non è la prima volta che tale situazione viene posta all’attenzione dei consumatori.
Stavolta a farlo è la rivista Il Salvagente che ha condotto un’indagine in laboratorio su 21 confezioni di latte, fresco e a lunga conservazione (Uht), vendute nei comuni supermercati e discount del nostro paese.
Tra i marchi presi a campione ci sono Parmalat, Granarolo, Coop, Conad, Lidl, Esselunga e Carrefour, tutti analizzati con un nuovo test messo a punto dalle Università Federico II di Napoli e da quella spagnola di Valencia. Un test che sarebbe in grado di trovare tracce di farmaci anche laddove i sistemi più tradizionali tendono a fallire.
I risultati
Cosa è stato trovato nel latte? Secondo i risultati, 12 campioni (quindi più della metà dei marchi analizzati) contenevano farmaci di vario genere in particolare antibiotici, antinfiammatori e cortisonici. Tra questi, solo quello fresco Lidl conterrebbe contemporaneamente tutti e tre i farmaci; mentre in Ricca fonte, Esselunga fresco, Carrefour fresco e Parmalat Zymil fresco sono presenti due farmaci. Negli altri sei, invece, sarebbe stato rintracciato un solo farmaco.
Quelli trovati più frequentemente sono il dexamethasone (cortisonico), il neloxicam (antinfiammatorio) e l’amoxicillina (antibiotico), in concentrazioni tra 0,022 mcg/kg e 1,80 mcg/kg.
Solo alcune anticipazioni sono state svelate riguardo alle marche peggiori dato che la rivista uscirà domani con tutti i dettagli. L’unico latte in cui è stata trovata contemporaneamente la presenza di tutti e 3 i farmaci è il latte fresco Lidl mentre altri quattro marchi (Ricca fonte, Esselunga fresco, Carrefour fresco e Parmalat Zymil fresco), hanno presentato tracce di due farmaci e infine, altri cinque campioni, sono risultati positivi ad un solo farmaco. Le dosi riscontrate sono minime e rilevate grazie alla nuova metodologia messa a punto dallo studio effettuata su 56 latti italiani dall’Università Federico II di Napoli e da quella di Valencia. Se volete approfondire, questa è stata appena pubblicata sul Journal of Dairy Science.
I rischi
I rischi di assumere tracce anche così minime, sono relativi a due questioni, entrambe importanti: la resistenza agli antibiotici e l’eventuale modifica della flora intestinale, soprattutto nei bambini, notoriamente grandi consumatori di latte.
Sul primo punto, un problema di portata mondiale che rischia di decimare la popolazione nei prossimi decenni, ossia la resistenza agli antibiotici, è intervenuto Ruggiero Francavilla, pediatra e gastroenterologo dell’Università degli Studi di Bari:
“L’assunzione costante di piccole dosi di antibiotico con gli alimenti determina una pressione selettiva sulla normale flora batterica intestinale a vantaggio dei batteri resistenti agli antibiotici che diventano più rappresentati; questa informazione genetica viene trasferita ad altri batteri anche patogeni”
Sulla questione del rischio per il macrobiota intestinale si è espresso Ivan Gentile, professore di malattie infettive presso la Federico II:
“non si può escludere un rischio, sebbene basso, che l’esposizione anche di minime quantità, soprattutto in maniera ripetuta, possa avere ripercussioni sul microbiota intestinale cioè su quell’insieme vario di microorganismi che vivono con noi (nell’intestino, sulla cute, nella cavità orale per fare qualche esempio) e che esercitano effetti benefici (a livello digestivo, immunitario, protettivo)”.
Questioni non da poco conto, dunque. Il nuovo test, però, sottolinea Riccardo Quintili, il direttore del Salvagente, non vuole creare allarmismi, ma sollecitare i produttori ad aumentare la sicurezza alimentare trovando nuove soluzioni a favore dei consumatori.
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