14 nuove varietà di frumento duro e 2 di frumento tenero di origine siciliana sono state iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione delle specie agrarie. I grani antichi altro non sono che varietà del passato rimaste autentiche e originali, ovvero che non hanno subìto alcuna modificazione da parte dell’uomo per aumentarne la resa.
14 nuove varietà di frumento duro e 2 di frumento tenero di origine siciliana sono state iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione delle specie agrarie. I grani antichi altro non sono che varietà del passato rimaste autentiche e originali, ovvero che non hanno subìto alcuna modificazione da parte dell’uomo per aumentarne la resa.
Via libera da parte del ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dunque, alla iscrizione di nuove varietà di frumento e sale dunque a 56 il numero degli agricoltori di mantenere la purezza nel Registro nazionale delle varietà da conservazione di specie agrarie e delle specie ortive.
Nel 2014 erano state iscritte Maiorca, Strazzavisazzi, Timilia reste nere ( con variazione di denominazione o responsabili di purezza nel marzo scorso), adesso si aggiungono: Capeiti 8, Farricello, Tripolino, Timilia reste bianche, Scorsonera, Ciciredda, Paola, Urrìa, Russello, Gioia, Martinella, Biancuccia, Castiglione Glabro, e Bidì.
Invece, per quanto riguarda il frumento tenero, alla Maiorca, si aggiungono le varietà Maiorcone e Romano.
“Ci sono tutte le premesse perché in Sicilia si possa costituire una filiera dei grani antichi tracciata in tutte le sue fasi a partire dall’utilizzo di sementi certificate.Il riconoscimento di dette varietà non può non tradursi in una forte ricaduta in termini di qualità e quindi di maggiore rendimento economico delle produzioni e allo stesso tempo i consumatori avranno le necessarie garanzie di prodotto, tutelati in tal modo da eventuali frodi”, ha detto l’assessore regionale per l’Agricoltura, Edy Bandiera.
Come sappiamo esistono tanti i motivi per cui bisognerebbe consumare i grani antichi più spesso. Intanto, perché non hanno subito alterazioni, cioè non sono stati rimaneggiati geneticamente dall’uomo e per questo hanno una resa molto minore rispetto al più diffuso e moderno grano; sono meno raffinati perché lavorati con la macinazione a pietra, ancora, hanno meno glutine, sono più leggeri, digeribili e assimilabili di quelli realizzati con il grano moderno.
Il vantaggio di utilizzare grani antichi, meglio ancora se variando la propria alimentazione con cereali senza glutine, scongiura o quanto meno allontana, la possibilità di sviluppare intolleranza al glutine.
Dal punto di vista della filiera, la riscoperta dei grani antichi è merito soprattutto dei piccoli produttori agricoli che ogni giorno con coraggio affrontano la concorrenza del grande mercato e scelgono comunque di produrre grani di qualità anche se non sempre gli conviene. È per questo che vanno aiutati a sopravvivere, acquistando, anche se sono un po’ più costosi, i loro prodotti. Senza dimenticare la tutela della biodiversità e il loro valore artistico e culturale.
Il decreto ministeriale arriva a conclusione dell’iter istruttorio messo a punto dalla Commissione tecnico scientifica di valutazione istituita presso il dipartimento regionale dell’Agricoltura e composta dal CREA (Consiglio per la Ricerca e l’Analisi in Agricoltura – ex ENSE), dalla Stazione di Granicoltura per la Sicilia, dal Servizio Fitosanitario regionale, dall’università di Palermo e Catania e dal consorzio di Ricerca “Gian Pietro Ballatore”.
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Dominella Trunfio