Glifosato: confermati danni in gravidanza. E sarebbe presente nel 90% delle donne incinte

Un nuovo studio conferma la correlazione tra glifosato e parti prematuri ma anche come tracce dell’erbicida più usato in tutto il mondo sarebbero presenti nel 90% delle donne incinte.

Un nuovo studio conferma la correlazione tra glifosato e parti prematuri ma anche come tracce dell’erbicida più usato in tutto il mondo sarebbero presenti nel 90% delle donne incinte.

L’esposizione al glifosato durante una gravidanza può provocare parto precoce. Secondo un nuovo studio, infatti, la presenza di alti livelli nelle urine del principio attivo di Roundup, l’erbicida più usato in tutto il mondo, è da correlarsi significativamente a tempi di gestazione ridotti.

È quanto emerge da una ricerca che l’Indiana University Fairbanks School of Public Health di Indianapolis ha condotto insieme alla University of California di San Francisco, secondo cui il 90% delle donne in gravidanza ha presentato alti livelli di GLY. Si tratta del primo studio statunitense progettato specificamente per misurare l’esposizione prenatale al diserbante nelle donne in gravidanza e per determinare la sua associazione con il rischio di uno sviluppo fetale sfavorevole.

Gli studiosi sono partiti da un dato: residui di glifosato si trovano nell’ambiente, nelle colture principali e negli alimenti che gli esseri umani, comprese le donne incinte, consumano quotidianamente. Per cui, poiché l’esposizione a questo tipo di erbicida in gravidanza può anche aumentare lo stesso rischio per il feto, gli scienziati americani hanno progettato uno studio di coorte (che consente di studiare un’ampia gamma di associazioni tra una determinata esposizione e una malattia), proprio per determinare la frequenza, i potenziali percorsi attraverso cui ci si potrebbe esporre e le associazioni degli indicatori di crescita fetale con la durata della gestazione.

Già nel 2017, delle analisi condotte dal Salvagente presero in esame i valori di donne incinte che vivono lontano da aree agricole. Da qui venne fuori che anche chi non vive vicino ai campi ha tutte le probabilità di ingerire questo erbicida sospettato di essere cancerogeno e genotissico tramite gli alimenti che si portano in tavola.

Ora, da questa nuova indagine a stelle e strisce emerge qualcosa di più sconcertante: il glifosato incide sulla durata della gestazione e la causa non è necessariamente da ricercarsi nell’acqua potabile.

Sebbene la nostra coorte di studio fosse piccola e regionale e avesse una limitata diversità razziale / etnica, fornisce prove dirette dell’esposizione materna al GLY e una correlazione significativa con una gravidanza ridotta. Ulteriori indagini in una coorte più geograficamente e razzialmente diversa sarebbero necessarie prima che questi risultati potessero essere generalizzati”, si legge su Environmental Health.

Lo studio

glifosato

Il glifosato si trova a livelli quantificabili in oltre il 90% delle gravidanze nella coorte presa in esame nello stato dell’Indiana. Nessun campione di acqua potabile aveva livelli GLY quantificabili, ma gli studiosi guidati da Shahid Parvez hanno riscontrato livelli più elevati di glifosato nelle urine nelle donne con un maggiore apporto di caffeina o che vivevano in aree rurali.

Livelli di glifosato più alti erano significativamente associati a gestazioni più brevi.

Per lo studio tra il 2015 e il 2016 i ricercatori hanno reclutato 71 donne incinte e hanno esaminato il loro consumo di cibo e bevande, lo stile di vita, eventuale stress e il luogo di dimora. Nel contempo, le donne hanno fornito due campioni di urina e due campioni di acqua potabile dalle loro case. Sulla base dei livelli di glifosato in questi campioni, i ricercatori hanno diviso le donne in quattro gruppi. In totale, il 93% di coloro che avevano l’erbicida nelle urine in gravidanza e coloro che si trovavano nelle zone rurali avevano livelli più elevati rispetto alle donne che vivevano nelle aree urbane. Inoltre, le donne che bevevano più di 700 millilitri di bevande a base di caffè al giorno avevano concentrazioni di glifosato più significative, anche se nessuno dei campioni di acqua potabile conteneva tracce di glifosato. Tutte le gravidanze, tranne due, si sarebbero concluse prima del termine. Infine, il glifosato non sarebbe stato associato ad altri indicatori di crescita fetale, come peso e circonferenza cranica.

Una cosa che non possiamo negare è che l’esposizione al glifosato nelle donne in gravidanza è realespiega Parvez. La buona notizia è che l’approvvigionamento pubblico di acqua potabile potrebbe non essere la fonte primaria di esposizione al glifosato, come inizialmente avevamo previsto: nessuno dei campioni di acqua potabile testati mostrava residui di glifosato ed è probabile che il glifosato sia eliminato nel processo di trattamento delle acque. La cattiva notizia è che l’assunzione dietetica di alimenti geneticamente modificati e bevande contenenti caffeina è sospettata di essere la principale fonte di assunzione di glifosato”.

Per ora, i ricercatori si riservano ulteriori indagini sull’entità dell’esposizione al glifosato nelle donne in gravidanza e le correlazioni con una gestazione più breve, ma c’è da giurare che questa sia già un’ulteriore prova della pervasività dei pesticidi e della loro pericolosità.

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Germana Carillo

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