La Scuola Superiore Sant’Anna, ha dato il via a un progetto per la realizzazione di un prototipo di etichettatura alimentare accessibile ai non vedenti e agli ipovedenti
Etichette alimentari: ad essere informati hanno diritto, ovvio, anche le persone non vedenti e ipovedenti. E proprio a questa categoria ha pensato l’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna, che ha dato il via a un progetto per la realizzazione di un prototipo di etichettatura alimentare accessibile, che vada ben oltre il braille.
Quello che verrà offerto sarà un sistema tattile veicolato da un supporto tecnologico, sviluppato dal gruppo di ricerca del professore Antonio Frisoli, all’interno del Laboratorio di Robotica Percettiva dell’Istituto TeCIP (Tecnologia della Comunicaziome, dell’Informazione, della Percezione) della Scuola Superiore Sant’Anna.
Si userà sì il tatto, dunque, ma si farà in modo poi di trasmettere le informazioni a un cellulare o un tablet che le comunichi poi alla persona.
Dal momento che, nella grande distribuzione organizzata, la fornitura di informazioni sugli alimenti avviene in via esclusiva attraverso le etichette, lo scopo dei ricercatori è stato proprio quello di raggiungere le persone con disabilità visive, alle quali normalmente non è garantito il diritto di accesso alle informazioni per essere supportate nel compiere scelte alimentari consapevoli, per essere autonome negli acquisti alimentari e nell’utilizzo dei prodotti dopo l’acquisto.
Pensate, per esempio, a quante difficoltà può trovarsi di fronte una persona non vedente, anche se ha già solo tra le mani un barattolo di ceci o uno di passata di pomodoro, nel cercare di distinguere le confezioni o captare la data di scadenza.
Conclusa la fase preliminare del progetto, non appena saranno disponibili altri finanziamenti, giuristi e ingegneri andranno avanti nello sviluppo dei supporti tecnologici, cercando nel contempo di sviluppare soluzioni che non incidano sul prezzo finale dei prodotti e che non impongano l’utilizzo di ulteriori imballaggi.
“Abbiamo iniziato questo progetto – spiega la ricercatrice Mariagrazia Alabrese, responsabile del progetto – perché al momento sono davvero pochi i prodotti con un’etichettatura in alfabeto braille, che non tutte le persone non vedenti conoscono. Tali etichette, inoltre, di solito contengono alcune informazioni, ad esempio la denominazione di prodotto e la data di scadenza, mentre, per fare un esempio, le indicazioni sugli ingredienti risultano assenti, anche in ragione delle dimensioni del linguaggio braille. Il nostro progetto si rivolge agli operatori del settore alimentare che potranno essere posti nelle condizioni di realizzare imballaggi ed etichette coerenti con la normativa e risultare accessibili anche alle persone con disabilità visiva”.
Germana Carillo
LEGGI anche: