Tutti pazzi per le patate, ma occhio ai glicoalcaloidi: l’EFSA indica le dosi pericolose di solanina & co.

I glicoalcaloidi contenuti nelle patate possono causare avvelenamento: l'EFSA indica le dosi potenzialmente pericolose

Le patate piacciono quasi a tutti, bollite, fritte, cotte al forno o in padella con un filo d’olio! Ma sono del tutto innocue? La risposta è no per via della presenza di glicoalcaloidi come la solanina o la cachonina, sostanze naturali presenti anche nei pomodori e nelle melanzane, che, se da un lato li proteggono da parassiti e insetti, dall’altro sono nocivi per la salute se ingeriti in ingenti quantità.

Ecco perché l’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha consigliato di pelare, bollire e friggere bene le patate prima di consumarle, per ridurre la percentuale di glicoalcaloidi ed evitare varie forme di avvelenamento.

Secondo l’EFSA le dosi potenzialmente letali sono comprese tra 3 e 6 milligrammi per Kg di peso corporeo mentre la dose di 1 milligrammo per Kg di peso corporeo al giorno è risultata la più bassa ad aver provocato effetti indesiderati. Il problema non riguarda tanto gli adulti, che sono a rischio solo se ne consumano in grandi quantità, ma più che altro i neonati e i bambini piccoli, anche se consumatori medi.

I sintomi, che di solito insorgono entro 8-12 ore dall’ingestione, possono essere sia lievi, come problemi gastrointestinali, vomito, diarrea, nausea, che molto più gravi.

Per evitare avvelenamenti più o meno acuti, l’EFSA suggerisce varie modalità: pelatura, che contribuisce dal 25 al 75% alla riduzione dei glicoalcaloidi, ebollizione in acqua e sbollentatura delle patate sbucciate, che contribuisce in una percentuale compresa tra il 5 e il 65%, frittura in olio, dal 20 al 90%, cottura al microonde, dal 3 al 45%, cottura al forno, dal 20 al 50%.

Tuttavia il contenuto di glicoalcaloidi più o meno elevato dipende anche dalla durata della conservazione, dalla temperatura di conservazione, dall’esposizione alla luce solare e da eventuali danni ai tuberi, senza contare che i germogli e i cosiddetti “occhi” ne contengono le più elevate concentrazioni, e vanno quindi eliminati. Attenzione poi alle parti verdi, anch’esse ne sono piene.

Diversi paesi hanno delle norme in merito al limite massimo di glicoalcaloidi: in Ungheria è di 100 milligrammi per chilo di patate, in Finlandia di 200mg/kg, in Danimarca di 200mg GA/kg per le patate note e di 100mg/kg per le patate novelle. Negli Stati Uniti è di 200-250 mg/kg. Ma non è facile sapere l’esatta percentuale se non viene riportata sulle confezioni in vendita ed è quindi fondamentale seguire i consigli dell’EFSA, evitando un consumo eccessivo di patate, specialmente in tenera età.

FONTI: Risk assessment of glycoalkaloids in feed and food, in particular in potatoes and potato‐derived products – EFSA

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