Le diete in ospedale per i malati di tumore sono sbagliate

Ormai è noto a tutti quanto una corretta alimentazione possa fare la differenza per la nostra salute, anche in caso di tumore. E’ stato provato, infatti, che alcuni cibi aumentano il rischio di recidive ma, nonostante questo, vengono serviti quotidianamente in molti ospedali anche ai pazienti oncologici.

Ormai è noto a tutti quanto una corretta alimentazione possa fare la differenza per la nostra salute, anche in caso di tumore. È stato provato, infatti, che alcuni cibi aumentano il rischio di recidive ma, nonostante questo, vengono serviti quotidianamente in molti ospedali anche ai pazienti oncologici.

Le ricerche scientifiche hanno mostrato più volte negli ultimi anni come una dieta appropriata possa essere molto utile ai malati di tumore operati per evitare recidive. Una statistica del Karolinska Institute, ad esempio, ha evidenziato come seguire un certo tipo di alimentazione permetta una guarigione più veloce e di conseguenza anche un risparmio sulle spese mediche.

C’è poi uno studio, pubblicato su Plos One, che ha preso a campione oltre 500 pazienti oncologici dimessi dopo un intervento e che ha evidenziato come dieta e attività fisica siano un binomio vincente per evitare una morte precoce.

Esistono poi, per aiutare medici e pazienti ad affiancare la corretta alimentazione alle cure mediche, delle vere e proprie linee guida per i pazienti oncologici che forniscono consigli sui cibi da assumere e su quelli invece sconsigliati per riprendersi in seguito ad un intervento, evitando di ritrovarsi alle prese nuovamente con questo brutto male. Si trovano sia nel “Codice europeo contro il cancro che nel documento del “Fondo mondiale per la ricerca sul cancro“.

Il problema è che la maggior parte degli ospedali non tiene affatto conto di queste indicazioni e dunque ai pazienti viene proposta una dieta sbagliata che, probabilmente se non correttamente informati, continueranno a seguire anche una volta tornati a casa.

Sull’argomento è intervenuto un vero esperto in materia, il professor Franco Berrino, sempre in prima linea quando vi è da sottolineare l’importanza della dieta nella lotta ai tumori:

“In generale, la classe medica non ha una preparazione adeguata sul ruolo della dieta per favorire la guarigione e prevenire l’insorgenza di recidive. In particolare, un giovane appena laureato in medicina non ha studi del genere alle spalle. Questa mancanza di cultura si riflette in una bassa attenzione alla dieta e alle linee guida alimentari all’interno degli ospedali”

Ma quali cibi in particolare possono favorire il tumore e le recidive? A questa domanda ha risposto chiaramente Berrino stesso in più occasioni:

“se da una parte la ricerca individua un nesso tra l’eccesso di zuccheri e la crescita dei tumori, in quanto l’aumento di insulina che ne deriva favorisce la divisione cellulare, negli ospedali vengono somministrati cibi che fanno molto aumentare la glicemia, ovvero il contenuto di glucosio nel sangue. Uno dei pasti tipici degli ospedali è il prosciutto con il purè di patate: grave che si ignori che il secondo aumenta la glicemia e il primo è altamente sconsigliato dalle linee guida del Codice europeo contro il cancro, come tutte le carni lavorate. Per non parlare del fatto che nelle corsie di ospedale si trovano distributori di bevande zuccherate, altro alimento sconsigliato nella prevenzione. Succede perfino qui nell’Istituto Tumori di Milano. Tra l’altro bisognerebbe dare ai malati l’esempio e aiutarli così a capire cosa non dovrebbero fare dopo le dimissioni”.

Come sappiamo poi, Berrino sconsiglia ai malati di tumore (ma in realtà un po’ a tutti), il consumo di farina bianca, pane e in generale di tutti i prodotti raffinati o industriali.

Fortunatamente esistono degli ospedali dove invece le linee guida alimentari in campo oncologico vengono rispettate da chi prepara i pasti per i degenti. Ci sono ad esempio il Policlinico San Donato di Milano, il Policlinico Sant’Orsola di Bologna o l’Ospedale di Mantova.

In queste strutture i pazienti vengono visitati da un nutrizionista o ricevono indicazioni chiare in merito all’alimentazione da seguire da chi li assiste in reparto, portandosi dietro questo bagaglio di conoscenze anche una volta usciti dall’ospedale (gli vengono fornite indicazioni scritte in fase di dimissione sulla dieta corretta per il proprio caso).

Al Sant’Orsola di Bologna, ci tengono a far sapere che si è fatta la scelta per i pazienti oncologici di ridurre l’uso di alimenti di origine animale a favore delle proteine vegetali e delle verdure. L’ospedale di Mantova ha invece attivato un bel progetto “Chef in ospedale” che coniuga le conoscenze di una nutrizionista con quelle di uno chef stellato riuscendo così a creare dei menù per i pazienti che siano allo stesso tempo gustosi e sani. Inoltre, sempre in questa struttura ospedaliera, sono state sostituite le bevande zuccherate con acqua o con altre bevande senza zuccheri aggiunti.

Ci auguriamo che sempre più ospedali seguano l’esempio di queste strutture d’eccellenza che hanno capito come l’alimentazione possa essere, in ogni caso, un valido sostegno alle terapie mediche.

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Francesca Biagioli

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