La globalizzazione, con i numerosi paradigmi dell'industria alimentare e dell'agricoltura intensiva, sta rendendo sempre più simili gli stili alimentari dei popoli del mondo.
Derrate alimentari e globalizzazione. Cosa mangiano a Tokyo? Molto probabilmente le stesse cose che mangiano a Parigi.
Com’è possibile? È la globalizzazione, miei cari, che, con i numerosi paradigmi dell’industria alimentare e dell’agricoltura intensiva, sta rendendo sempre più simili gli stili alimentari dei popoli del mondo. Basti pensare che in media in ogni nazione più di due terzi delle derrate alimentari usate e coltivate ha origine in altre aree geografiche, spesso molto lontane.
Lo ha calcolato il gruppo di Colin Khoury dell’International Center for Tropical Agriculture americano, che ha descritto il lavoro sulla rivista Proceedings of the Royal Society B. e che ha esaminato diverse colture che sono centrali per le diete nazionali (fonti di carboidrati, grassi, proteine e fibre) e i sistemi nazionali di agricoltura (produzione, qualità, aree di ritaglio e le quantità di produzione). E sono arrivati a una conclusione: la sorpresa più grande non è tanto il fatto che le persone spesso mangino “oltre confine”, ma il fatto che nessun singolo paese ha una dieta composta interamente da colture “indigene”.
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I ricercatori hanno preso in esame le origini di 151 derrate differenti suddividendole in 23 regioni geografiche, esaminando poi le statistiche nazionali su dieta e produzione di cibo di 177 paesi, corrispondenti al 98,5% della popolazione mondiale, e determinando in questo modo la provenienza esatta di ogni alimento.
La interconnessione tra le 23 aree geografiche individuate dagli studiosi
Secondo quanto emerso, in media il 69% delle derrate consumate e prodotte in un paese è originario in realtà di un’altra area geografica, una cifra che è aumentata del 6% negli ultimi 50 anni, a testimonianza della sempre maggiore ‘omogeneizzazione’ delle diete. Ecco perché le patate appaiono ogni giorno sui nostri piatti, ma la patata non è una coltura d’origine italiana, così mangiamo riso dell’Asia o beviamo il caffè che ha avuto origine in Africa.
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Le diete in tutto il mondo, quindi, sono diventate sempre più diversificate ma tra loro omogenee. A causa della globalizzazione, ossia di svariati motivi come l’aumento del potere d’acquisto dei consumatori nelle regioni in via di sviluppo, l’ascesa di supermercati e dei cibi pronti, l’aumento del consumo veloce fuori casa, l’urbanizzazione, i trasporti refrigerati, i sussidi agricoli, le tecnologie alimentari industriali e gli accordi commerciali agevolati, le differenze tra i paesi sono sempre più piccole
Il gruppo di lavoro di Khoury ha insomma dimostrato come il mondo sta diventando sempre più interconnesso dal cibo. “È affascinante notare come molte colture siano caratteristiche delle diete’tradizionali ‘, anche se hanno avuto origine molte migliaia di chilometri di distanza”, spiega Khoury.
Come risultato, siamo diventati sempre più dipendenti da altri paesi e spesso non è un bene. La dieta di oggi è sempre meno ricca di alimenti freschi, di cibi di produzione locale e a chilometri zero, con un netto vantaggio per i prodotti confezionati. Eppure, se seguissimo un’alimentazione più varia e basata di cibi prodotti localmente e di stagione potremmo supportare un’agricoltura che non si basi esclusivamente sulle monoculture e distaccarci dall’omologazione pericolosa imposta dall’industria alimentare, a beneficio della nostra salute.
Germana Carillo
Derrate alimentari: quanto è globalizzato il nostro cibo?