Cartoni della pizza e imballaggi per alimenti contaminati da ftalati, lo studio shock dell’agenzia svedese

Un test effettuato su 61 imballaggi alimentari, tra cui i cartoni della pizza, evidenzia una contaminazione da ftalati nel 80% dei casi

Più volte analisi e test effettuati su alcune tipologie di imballaggi per alimenti hanno mostrato come questi strumenti di uso comune possano essere contaminati da sostanze tossiche come gli ftalati. Ora una nuova ricerca, condotta in Svezia, ha rivelato che ben 8 imballaggi su 10 presentano questo problema.

A condurre i test è stata l’Agenzia svedese per le sostanze chimiche (ChemSec) che ha testato oltre 60 diversi materiali di imballaggio a base di carta e cartone. Si trattava di contenitori in cui venivano confezionati hamburger, corn flakes,  patatine fritte e popcorn ma anche involucri per i muffin,  imballaggi per diversi prodotti alimentari a base di cereali per bambini, cannucce, piatti, confezioni di biscotti e altro ancora. Non mancavano ovviamente i cartoni per la pizza.

I risultati del test

I risultati dell’indagine non sono affatto rincuoranti.  Dei 61 materiali di imballaggio testati,  ben 49, ovvero più dell’80%, conteneva il DEHP chimico, uno ftalato che danneggia la salute riproduttiva umana.

Il DEHP si trova nell’elenco delle autorizzazioni dell’Ue, insieme ai peggiori prodotti chimici industriali conosciuti. Le aziende che desiderano utilizzarlo devono richiedere un permesso speciale, che viene concesso solo a condizioni molto limitate.

Il suo utilizzo in prodotti come giocattoli e articoli per l’infanzia è vietato e non viene concesso alcun permesso.

Tuttavia, sebbene sia vietato contenere DEHP nei prodotti per bambini, la sua presenza è comunque consentita in tutti gli altri tipi di prodotti, comprese le scatole di fiocchi di mais e altri materiali per l’imballaggio alimentare.

In altre parole, per quanto strano possa sembrare, l’uso di DEHP e altre sostanze chimiche altamente tossiche nel materiale di confezionamento alimentare non è contro la legge.

Il ChemSec già da tempo ha inserito il DEHP nell’elenco di sostanze chimiche che, secondo il parere degli esperti dell’agenzia svedese, dovrebbero essere rimosse dai prodotti e dalle catene di approvvigionamento.

Il problema, come sottolinea il test svedese, è che le sostanze chimiche migrano dagli imballaggi alimentari al cibo. In generale è noto che tale migrazione aumenta con il calore e che gli imballaggi più piccoli, come quelli per bambini, tendono ad avere un rapporto più elevato di sostanze chimiche rispetto agli imballaggi più grandi. Inoltre, molte sostanze chimiche migrano a livelli più elevati a contatto con cibi grassi e/o acidi.

Un punto cruciale, se consideriamo che gli articoli testati si utilizzano spesso per inserire cibo caldo, hanno dimensioni piccole o servono, come nel caso delle patatine, a contenere cibi con alti livelli di grassi.

Non vogliamo creare panico per i rischi per la salute umana legati al consumo di cibi confezionati con questo tipo di materiali, ma è chiaramente motivo di preoccupazione”, ha dichiarato Jonatan Kleimark di ChemSec.

Che poi continua:

“Ovviamente, il DEHP e altri prodotti chimici simili non dovrebbero essere vicini ai nostri alimenti. E anche se gli effetti che le sostanze chimiche tossiche nei materiali di imballaggio hanno sugli alimenti richiedono una maggiore comprensione scientifica, molti di questi materiali sono proprio il tipo di articoli che vogliamo riciclare e da cui ricavare nuovi materiali. Ciò significa che stiamo riciclando anche le sostanze chimiche tossiche“.

Anche se il DEHP era la sostanza chimica più frequente e in concentrazioni più elevate, non era l’unica. Gli imballaggi per alimenti risultavano contaminati anche da DBP, un’altra sostanza chimica tossica per cui occorre l’autorizzazione, e da bisfenolo A (BPA). Contaminazioni che riguardavano però meno prodotti e in concentrazioni inferiori.

Anche se questi test sono stati effettuati dalle autorità svedesi su prodotti di uso locale, gli esperti avvisano che non c’è motivo di credere che le cose siano diverse in altri paesi. Infatti, la maggior parte dei prodotti oggi sono fabbricati in catene di fornitura globali e distribuiti in tutto il mondo.

L’analisi ricorda che in UE esiste un unico atto legislativo per proteggere i cittadini da questo tipo di sostanze chimiche, il che significa che tutti gli Stati membri sono trattati come un mercato unico dai produttori di prodotti. Quindi, se il DEHP contamina gli imballaggi alimentari in Svezia, la situazione è probabilmente la stessa anche in Germania, Spagna, Olanda e ovviamente anche Italia.

La legislazione dell’UE sui materiali a contatto con gli alimenti è però attualmente in fase di revisione. ChemSec e altre parti interessate stanno lavorando duramente per cambiare questa situazione. E speriamo che ci riescano al più presto.

Fonte: ChemSec

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