Altri due casi di infezione da E. Coli, e questa volta negli Stati Uniti. Secondo gli esperti, si tratta del batterio più letale della storia
E-coli. Il batterio è divenuto ormai il terrore dell’Europa. Non a torto visto che è considerato il più letale della storia. Con 17 morti, l’enterobatterio ha conseguito il triste primato, soprattutto in Germania. Tuttavia, la prospettiva più inquietante è che non si conosce ancora la sua provenienza.
Si tratta infatti di una variante, particolarmente pericolosa, che fino ad oggi non aveva mai colpito gli esseri umani. In un primo momento, si pensava che fosse legata ai cetrioli, ed in particolare ad una partita di ortaggi provenienti dalla Spagna. Ipotesi successivamente smentita, visto che sui cetrioli spagnoli era sì presente l’Escherichia coli, ma con una variante differente rispetto a quella mortifera tedesca.
Intanto, altri tre casi sono stati segnalati negli Stati Uniti. Tre persone, da poco rientrate dalla Germania, potrebbero essere state colpite dal famigerato batterio intesinale. Lo ha reso noto il Center for Disease Control and Prevention (Cdc). “Al momento stiamo parlando solo di casi sospetti ma accertamenti approfonditi sono in corso“, ha spiegato un portavoce del Cdc, Tom Skinner riguardo ai contagi avvenuti in America.
È intervenuto sulla questione anche il dottor Robert Tauxe del Cdc, secondo cui si tratta del più letale degli ultimi anni. “È incredibile che sia così resistente” ha commentato, auspicando che si riesca a contrastarlo con qualche antibiotico.
Anche l’ISS brancola nel buio e attribuisce la causa dell’infezione a un mix di batteri patogeni. Secondo gli esperti italiani, infatti il batterio killer sarebbe apparso con questa devastante modalità di attacco dell’intestino umani 20 anni fa in Francia, ma non con questo sottotipo chiamato 104:4H, mai manifestato fino ad ora. Ipotesi confermata dall’OMS secondo cui si tratta di “una variante nuova, estremamente contagiosa e tossica”, specificando che questa variante ha geni che la rendono “resistente ad alcune classi di antibiotici” che finora non era mai stata “individuata prima in un focolaio di infezione“.