Tracce di alluminio nel caffè che bevi. I reali rischi per moka e cialde, secondo alcuni studi

Alcuni studi sottolineano che non dovremmo preoccuparci più di tanto del rilascio di alluminio da parte di moka e cialde per il caffè

Difficile privarsi del piacere di un buon caffè anche se negli ultimi anni è emersa più volte la preoccupazione per il rilascio di alluminio da parte della moka con cui lo prepariamo ogni giorno ma anche dalle capsule e cialde per il caffè espresso. Quali rischi corriamo veramente? Alcuni studi si sono occupati proprio di questo argomento, vediamo cosa hanno scoperto.

Alluminio rilasciato dalla Moka

Uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità ha voluto verificare il rilascio di particelle di alluminio da diversi utensili comuni nelle nostre cucine tra cui appunto la moka. Per quanto riguarda il caffè, si è visto che la quantità di alluminio che dopo l’ebollizione dell’acqua arrivava effettivamente nella tazzina era sempre al di sotto del valore minimo riscontrabile, (0,001 mg/Kg).

Secondo questo studio, la cessione media di particelle di alluminio è compresa tra 300 e 450 microgrammi per chilo. Nei casi in cui è più alta si arriva a circa 800 microgrammi, comunque ben al di sotto del milligrammo/chilo.

@ISS

L’Iss conclude dunque che:

per le caffettiere moka l’esposizione è trascurabile sia nello Scenario 1, sia nello Scenario 2 e in tutte le fasce di età

Il problema però, come evidenziato da uno speciale di Report del 2019, è che a questi livelli di alluminio rilasciati dalla moka si sommano quelli già presenti nel caffè.

Per approfondire leggi anche: Caffè: occhio all’alluminio rilasciato dalla moka (e non solo)

Alluminio rilasciato da cialde e capsule

Una situazione simile si evidenzia anche nel caso si utilizzino cialde e capsule. A questo proposito vi è uno studio tedesco che mostra come questi strumenti per preparare il caffè siano sostanzialmente sicuri in quanto a rilascio di alluminio. Si mette piuttosto l’accento sul rilascio di questa sostanza da parte delle borracce (ovviamente quelle realizzate in alluminio).

Nelle conclusioni dello studio si legge infatti che:

“è stato dimostrato che bere una miscela di succo di mela e acqua minerale in una bottiglia di alluminio può far raggiungere l’86,6% dell’assunzione settimanale totale (TWI) per gli adulti e bere il tè da una bottiglia di alluminio può superare il TWI (145%) per un bambino che pesa 15 kg. Al contrario, preparare il caffè in una moka in alluminio risulta al massimo il 4% del TWI, se si consumano mediamente 3,17 L di caffè a settimana e anche se si lava in lavastoviglie, contro le esplicite istruzioni del produttore”.

La ricerca sottolinea anche l’importanza di lavare correttamente gli oggetti in alluminio. Non vanno mai usate spugnette abrasive che potrebbero rovinare il film protettivo della moka e favorire il rilascio di particelle d’alluminio.

Tornando però al rilascio di sostanze da parte di cialde e capsule che, lo ricordiamo, sono anche inquinanti e difficili da smaltire, vi avevamo parlato di un altro studio che ha misurato la quantità di ftalati e metalli pesanti rilasciati da capsule in alluminio, plastica e materiale biodegradabile.

I risultati in quell’occasione avevano mostrato un rilascio di ftalati in quantità simili nelle diverse capsule analizzate ma anche la presenza di quantità significative di piombo e nichel.

Il Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA) del Ministero della Salute ci ricorda infine l’importanza di usare correttamente, conservare e trattare con cura qualsiasi recipiente realizzato in alluminio. Fondamentale il monitoraggio costante dei MOCA (Materiali e Oggetti a Contatto con Alimenti), che presentano rischi maggiori per bambini piccoli, donne in gravidanza e anziani.

Leggi anche:

La cessione di alluminio da strumenti che utilizziamo ogni giorno (e non parliamo solo di moka o cialde per il caffè) è un problema che non dobbiamo assolutamente sottovalutare.

Per approfondire leggi anche:

Fonti: Istituto Superiore della Sanità /Environmental Sciences Europe / Ministero della Salute

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Instagram