Un nuovo studio canadese conferma: anche i Pfas presenti negli imballaggi alimentari in carta possono essere pericolosi, in quanto si decompongono in molecole più piccole in grado di penetrare negli alimenti e nell'ambiente
Ormai sono anni che le ricerche scientifiche l’hanno dimostrato: i Pfas sono ovunque e contaminano cibo e ambiente, un po’ in tutto il mondo.
Si discute tanto della loro presenza negli imballaggi alimentari, contenitori che invece dovrebbero essere strumenti sicuri in questo senso, dato che hanno una funzione delicata, appunto quella di contenere cibi che poi consumiamo.
Ma che rischio effettivo c’è che i Pfas contenuti negli imballaggi alimentari in carta, alternativi e considerati più sicuri, migrino nel cibo o nell’ambiente? Ha voluto verificarlo un recente studio condotto in Canada proprio sui “nuovi Pfas”.
Si fa riferimento ai Pfas polimerici, pubblicizzati come opzioni “più sicure” in quanto ritenuti inerti e troppo pesanti per fuoriuscire dai prodotti. Proprio questi vengono spesso utilizzati nei packaging in carta che si trovano ad esempio nei fast food.
Lo studio, recentemente pubblicato su Environmental Science & Technology Letters, suggerisce però che i Pfas una volta considerati sicuri per l’uso negli imballaggi alimentari si decompongono in molecole più piccole che sono ancora dannose e possono penetrare negli alimenti e nell’ambiente.
Per arrivare ad affermare questo, i ricercatori hanno testato 42 involucri e ciotole di carta raccolti nei fast-food di Toronto. Uno Pfas noto per essere tossico – FTOH 6:2 (alcool fluorotelomerico 6:2) – è stato il composto più abbondante rilevato in questi campioni.
Il Pfas polimerico presente negli imballaggi può trasformarsi in questo composto, aumentando così l’esposizione del consumatore a tale sostanza pericolosa.
Alcune molecole di Pfas più piccole sono state associate a un’ampia gamma di gravi danni alla salute, dal cancro all’obesità e attualmente contaminano l’acqua potabile di milioni di persone nel mondo. Solo una piccola parte degli Pfas esistenti è stata testata per la tossicità e tutti i Pfas (compresi i polimeri) sono estremamente persistenti nell’ambiente o si scompongono in Pfas estremamente persistenti (non a caso negli Usa queste sostanze sono note come “forever chemicals“).
Queste preoccupazioni hanno spinto 11 stati degli Stati Uniti a vietare i Pfas dalla maggior parte degli imballaggi alimentari e le principali catene di fast food, tra cui Mcdonald’s, si sono impegnate a diventare “Pfas free” entro il 2025.
Ma tornando allo studio, i ricercatori hanno anche scoperto che la concentrazione di Pfas è diminuita fino all’85% dopo aver conservato i prodotti per due anni in condizioni normali (a temperatura ambiente e al buio).
Questo conferma che, con il passare del tempo, i Pfas si disperdono anche nell’aria, contaminando acqua e terreni. Dunque, anche se non migrano direttamente nel cibo, arrivano comunque per vie traverse nella catena alimentare.
I risultati di questo studio sono molto importanti in quanto contraddicono le affermazioni secondo cui i Pfas polimerici sono stabili e non creano rischi di esposizione.
Cosa fare? La risposta è semplice e ce la fornisce la coautrice dello studio Arlene Blum, direttrice esecutiva del Green Science Policy Institute che ha dichiarato:
Questo studio mette in discussione la sicurezza degli Pfas polimerici per molti dei loro usi. La migliore linea d’azione per proteggere i nostri bambini e le generazioni future è eliminare l’intera classe di Pfas da tutti gli usi non essenziali, dagli imballaggi alimentari alle giacche impermeabili, il prima possibile.
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Fonte: Environmental Science & Technology Letters
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