Un recente studio, condotto da Ocean Conservancy e dall'Università di Toronto, ha rivelato la presenza di microplastiche nell'88% dei campioni di alimenti proteici analizzati, tra cui non solo carne e pesce ma anche tofu e alternative vegetali
Proprio ieri vi abbiamo parlato di un nuovo studio che ha trovato una quantità impressionante di microplastiche nell’acqua in bottiglia. Ma, come è ormai tristemente noto, queste piccolissime particelle di plastica contaminano anche il cibo che consumiamo ogni giorno. Si pensa spesso al pesce, ad esempio, o alla carne, ma una ricerca ha ora scoperto che anche le alternative a base vegetale non sono esenti dal problema microplastiche.
Lo studio, condotto da ricercatori dell’Ocean Conservancy e dell’Università di Toronto, pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, ha rivelato la presenza di particelle microplastiche nell’88% dei campioni di proteine alimentari testate. I campioni, provenienti da 16 diverse tipologie di proteine consumate negli Stati Uniti, comprendevano frutti di mare, maiale, manzo, pollo, tofu e tre varianti di carne a base vegetale.
Contrariamente alle precedenti ricerche che si erano concentrate principalmente su frutti di mare, questo studio ha esaminato una vasta gamma di fonti proteiche, rivelando la presenza generalizzata di microplastiche in tutti i campioni e ovviamente quanto scoperto solleva preoccupazioni significative sulla potenziale esposizione umana a tali contaminanti, indipendentemente dalla fonte di proteine scelta.
La coautrice dello studio, la dottoressa Britta Baechler, biologa marina e direttrice associata di scienza delle materie plastiche presso l’Ocean Conservancy, ha sottolineato la sorprendente pervasività dell’inquinamento da plastica.
Un aspetto rilevante emerso dallo studio è il ruolo della lavorazione degli alimenti nella diffusione delle microplastiche. Prodotti altamente trasformati, come bastoncini di pesce, crocchette di pollo, tofu e hamburger a base vegetale, contenevano significativamente più microplastiche per grammo rispetto ai prodotti minimamente trasformati. Motivo in più per tornare ad una dieta che eviti il più possibile questo tipo di proposte industriali.
La coautrice Madeleine Milne ha sottolineato però la necessità di ulteriori ricerche per comprendere meglio il quadro complessivo, inclusi l’origine delle microplastiche e i potenziali rischi per la salute umana:
È forte la tentazione di trarre conclusioni del tipo “mangia meno di questo e più di quello” per evitare le microplastiche nella tua dieta; ma al momento sappiamo ancora molto poco del carico di microplastiche negli alimenti comunemente consumati. Il nostro studio aggiunge a questa conoscenza, ma dimostra anche la necessità di ulteriori ricerche per comprendere meglio il quadro più ampio, compreso l’origine di queste microplastiche e i potenziali rischi per la salute umana.
Il 44% delle microplastiche identificate nei campioni erano sotto forma di fibre, mentre il 30% erano frammenti di plastica.
Utilizzando dati di uno studio separato, condotto da Ocean Conservancy e Università di Toronto, gli autori stimano che un adulto americano potrebbe consumare in media 11.500 microplastiche all’anno, con un picco potenziale di 3,8 milioni all’anno considerando i livelli più elevati riscontrati in ogni tipo di proteina e i tassi medi di consumo.
Il dottor George Leonard, scienziato capo di Ocean Conservancy e coautore dello studio, ha sottolineato l’urgenza di affrontare la crescente crisi della plastica negli oceani e nell’approvvigionamento alimentare. L’invito all’azione è chiaro: ridurre l’inquinamento da plastica nelle sue diverse forme per garantire un futuro alimentare sicuro e sano per tutti i consumatori.
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Fonte: Environmental Pollution
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