I grani antichi sono “una bufala che truffa il consumatore”?

La verità sui grani antichi non è quella che ci hanno raccontato? In un incontro dell'Accademia Nazionale di Agricoltura, alcuni esperti avrebbero sfatato quelli che definiscono "i miti" relativi a queste varietà di grano, sostenendo che la loro commercializzazione è ingannevole e poco sostenibile. Ma è davvero così?

Negli ultimi anni si è parlato spesso dei “grani antichi“, varietà del passato che non hanno subito alcuna modificazione da parte dell’uomo per aumentarne la resa. Parliamo di grani come il Senatore Cappelli, l’Aureo e il monococco con i quali vengono realizzati farine, pane, pasta e altri prodotti.

Si tende a pensare che questi grani siano sempre migliori proprio in quanto più naturali e “originali”, ma è davvero così? Non proprio, almeno secondo l’Accademia Nazionale di Agricoltura che, in collaborazione con la casa editrice “Il Mulino” e l’Associazione Regionale Giornalisti Agricoltura (ARGA Emilia-Romagna), ha organizzato un incontro con lo scopo di approfondire alcuni aspetti poco noti di queste varietà di cereali.

Gli esperti definiscono addirittura i grani antichi “una bufala che truffa il consumatore”, un’operazione commerciale ben riuscita che si baserebbe su convinzioni errate come il fatto che siano più sostenibili per l’ambiente o salubri per la salute, il che andrebbe anche a giustificare i prezzi più alti.

Ma vediamo punto per punto le critiche fatte ai grani antichi da questi esperti:

Mancanza di Regolamentazione

Uno dei punti principali sarebbe la mancanza di regolamentazione dei “grani antichi” che non sono inclusi nel Registro Nazionale, il che solleva preoccupazioni sulla qualità e sulla trasparenza per i consumatori. Questi grani, di fatto, non sarebbero controllati.

Sostenibilità Ambientale

I  “grani antichi” sarebbero meno produttivi delle varietà moderne e richiederebbero una maggiore quantità di terreno per produrre la stessa quantità di grano. Questo andrebbe a mettere in dubbio la loro reale sostenibilità. Come ha dichiarato Ercole Borasio, Accademico Ordinario già Direttore Generale della Produttori Sementi S.p.a:

Il messaggio della sostenibilità è falso perché i grani antichi sono decisamente meno produttivi di quelli odierni e perciò servirebbero molti più ettari di terreno da coltivare per avere un quantitativo accettabile.

Sicurezza alimentare

I grani antichi sarebbero più soggetti a micotossine e all’assorbimento di metalli pesanti:

Le piante (dei grani antichi n.d.r), rispetto a quelle moderne, essendo il doppio di altezza sono maggiormente soggette alle micotossine, si allettano facilmente e sono anche più soggette all’assorbimento di metalli pesanti presenti nel terreno come il cadmio.

Apporto nutrizionale

La discussione sull’apporto nutrizionale delle varietà di grano antico è altrettanto importante. Alcuni sostengono che queste varietà contengano una percentuale più elevata di minerali rispetto ai grani moderni ma, secondo gli esperti intervenuti all’evento, sarebbe essenziale valutare questi dati all’interno di una dieta equilibrata. Un singolo cucchiaio di pomodoro aggiunto a una porzione di pasta fornirebbe già una quantità significativa di antiossidanti, superando il vantaggio percentuale teorico dei grani antichi. Allo stesso modo, non ci sarebbero evidenze scientifiche che dimostrino che le farine antiche contengano meno glutine in assoluto.

E i vantaggi della macinazione a pietra?

Durante l’incontro, in merito alla macinazione a pietra è stato dichiarato:

Anche la macinazione a pietra, molto pubblicizzata, è falsa. I vecchi mulini erano a pietra, ma erano curati dai mugnai, che sapevano come mantenere le pietre e picchiettarle per fare giuste le scanalature per la molitura. Oggi nessuno lo fa più, forse poche persone, ma soprattutto la produzione industriale permette moliture migliori e di grande quantità. Non si può rispondere alle esigenze moderne con risposte del passato e le varietà antiche non danno nessun beneficio. È giusto dirlo ai consumatori che pagano prezzi più alti per comprare prodotti fatti con queste farine.

Gli esperti difendono sostanzialmente le scelte e i passi avanti fatti dalla scienza in agricoltura. La ricerca ha permesso infatti lo sviluppo di varietà di grano sempre più resistenti e adattate ai diversi ambienti. Ma i grani antichi possono essere comunque utili, in particolare per l’economia di alcune zone collinari o di montagna.

Come ha dichiarato Luigi Cattivelli, Direttore del Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica del CREA, e autore del volume “Pane nostro. Grani antichi, farine e altre bugie” (Edizioni “Il Mulino, 2023), presentato durante il dibattito.:

Il grano antico ha un basso livello di resa produttiva. L’Italia produce il 40% del frumento tenero che si usa per fare pane, pasta e pizza e il resto lo importa soprattutto dalla Francia, produciamo già meno di quello di cui abbiamo necessità. Se volessimo passare ai frumenti antichi scenderemmo al 20% di produzione nazionale, essendo così costretti a importare ancora di più dall’estero, anche da paesi che non rispettano le regolamentazioni internazionali, senza sapere cosa compriamo. I grani antichi non sono sostenibili a livello economico e ambientale, ma spezziamo una lancia a loro favore perché potrebbero essere coltivati nei terreni collinari e di montagna, dove i terreni sono abbandonati se non si coltiva vite, per fare piccole produzioni che magari aiuterebbero anche a evitare lo spopolamento di molte zone.

Ci teniamo a precisare che questo è il punto di vista degli esperti intervenuti all’evento organizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura, ma ovviamente non tutti concordano con queste affermazioni – spesso molto drastiche e categoriche – nei confronti dei grani antichi che, al di là di tutto, rimangono comunque un patrimonio di biodiversità del nostro Paese da preservare.

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Fonte: Accademia Nazionale di Agricoltura

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