Tonno radioattivo: è una bufala, ma meglio non mangiarlo lo stesso

Attenzione, il tonno della Coop e di Asdomar può essere radioattivo perché pescato nelle vicinanze della centrale nucleare di Fukushima nell'Oceano Pacifico. L'allarme si diffonde nella rete e sui social network e trova eco anche su molti organi di informazione. Ma si tratta di una bufala. Meglio comunque non mangiarlo lo stesso, ecco perché

Attenzione, il tonno della Coop può essere radioattivo perché pescato nelle vicinanze della centrale nucleare di Fukushima nell’Oceano Pacifico. L’allarme si diffonde nella rete e sui social network e trova eco anche su molti organi di informazione. Ma si tratta di una bufala.

In uno dei tanti testi del messaggio che circolano sul web, accompagnati da foto istruttive che immortalano a turno le scatolette della Coop o di Nostromo si legge: “quello che ho evidenziato in rosso nella classica scatoletta di tonno marchiato coop è la provenienza dal quale il tonno viene pescato. FAO 61 o 71 riguarda quel luogo limitrofo al Giappone dove ancora l’acqua dell’oceano è pesantemente contaminata (e nessuno ne parla) dalla centrale nucleare di Fukushima. CONDIVIDERE PLEASE!“.

L’informazione, però, è del tutto scorretta, come hanno chiarito in primis le due aziende coinvolte. “È un allarme ingannevole e ingiustificato. Il tonno Coop non è acquistato e non proviene dalla zona di pesca FAO 61 -che fa riferimento alle acque del Giappone ed è l’unica dichiarata eventualmente a rischio secondo quanto indicato dalla Unione Europea- da ancora prima che avvenisse l’incidente nucleare a Fukushima, per cui il prodotto confezionato e commercializzato da Coop è assolutamente sicuro“.

Per il prodotto a marchio Coop si utilizza infatti il tonno a pinne gialle, che non vive in acque giapponesi per via delle temperature troppo basse. Il pescato Coop è salvaguardato da qualsiasi contaminazione radioattiva in quanto proviene dalla zona FAO 71, che indica acque dell’Oceano Pacifico Centro-Occidentale antistanti Filippine, Indonesia, Papua Nuova Guinea e Australia del Nord, e quindi distanti migliaia di km dalla zona del disastro nucleare.

“A fronte di pericolosi e inutili allarmismi del genere, di cui non si colgono ragioni e motivazioni, Coop Estense invita tutti i consumatori a leggere sempre bene le etichette (nel caso del pesce è sempre indicata sia la specie sia la zona di pesca) o, in caso di qualsiasi dubbio, a contattare la cooperativa“, conclude l’azienda.

Anche AsdoMar, non coinvolta in prima persona in questi messaggi e impegnata in una discutibile opera di promozione dell’acquario di Genova, ci ha tenuto a ribadire con una nota, avendo ricevuto anch’essa richieste di chiarimento dai consumatori: “non acquistiamo né abbiamo mai acquistato tonno proveniente dalla zona FAO 61 – Oceano Pacifico del Nord Ovest, zona che comprende l’area del Giappone, l’unica dichiarata eventualmente a rischio, secondo quanto indicato dalla Unione Europea. Utilizziamo per le nostre produzioni esclusivamente tonno a pinne gialle che non vive in quelle acque per via delle temperature troppo basse. Il nostro tonno viene infatti pescato nelle calde acque tropicali degli oceani Indiano (zone FAO 51 e 57) e Pacifico Occidentale Centrale (zona FAO 71), quindi in questo ultimo caso, lontano dalle acque antistanti il Giappone“.

Se queste motivazioni non fossero sufficienti, il colpo di grazie arriva da Altroconsumo, che spiega: “Benché entrambe le zone FAO 61 e 71 corrispondano a zone di pesca localizzate nell’Oceano Pacifico, il Giappone rientra nella zona FAO 61 (e non nella zona FAO 71). La mail allarmistica contiene quindi un vero e proprio errore. In secondo luogo, l’indicazione della zona di pesca sulle scatolette di tonno non è obbligatoria, e infatti spesso non si trova: sarebbe davvero assurdo che un produttore di tonno “economico” perché inquinato, si affrettasse però a indicare volontariamente sulla confezione la provenienza sospetta“.

Sgombrato il campo dalle “bugie”, vale la pena ricordare che è vero che tra gli alimenti che vengono importati in Europa e nel nostro Paese dal Giappone vi sono anche i prodotti della pesca, continua Altroconsumo. Proprio per questo, al momento dell’incidente nucleare di Fukushima, l’Europa (e di conseguenza anche l’Italia) ha rafforzato i controlli effettuati sulle merci provenienti dal Giappone e ha imposto l’obbligo di accompagnare ogni partita di alimenti e mangimi importati dal Giappone con una dichiarazione di conformità, corredata da certificati di analisi nel caso in cui gli alimenti provengano dalle zone incriminate.

La verifica della validità della documentazione fornita dall’importatore e l’esecuzione di eventuali ulteriori controlli risultano ancora attualmente in vigore presso i posti di ispezione frontalieri. Ad oggi non risulta nessun caso di prodotto risultato non conforme ai controlli e non c’è dunque ragione di temere il consumo di prodotti ittici provenienti dalla zona FAO di pesca 61.

Ma per salvare il tonno, sempre meno presente nei nostri mari, non c’è bisogno di gridare a una non comprovata radioattività. Sono tanti i motivi per cui smettere ugualmente di mangiarlo.

Roberta Ragni

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