Da tempo Greenpeace, in Italia e nel mondo, si occupa di monitorare le aziende del tonno in scatola e le pratiche di pesca legate alla produzione. Pare che in questo ambito vi siano molte promesse, ma ben pochi fatti. A quanto pare le aziende non mantengono le promesse, oppure seguono un doppio standard, diverso a seconda del Paese in cui operano.
Da tempo Greenpeace, in Italia e nel mondo, si occupa di monitorare le aziende del tonno in scatola e le pratiche di pesca legate alla produzione. Pare che in questo ambito vi siano molte promesse, ma ben pochi fatti. A quanto pare le aziende non mantengono le promesse, oppure seguono un doppio standard, diverso a seconda del Paese in cui operano.
Greenpeace Francia ha stilato una classifica delle aziende produttrici di tonno, dove molti nomi sono ben noti anche sul mercato italiano. La pesca eccessiva e distruttiva sta svuotando i nostri mari. Secondo l’associazione ambientalista gli impegni delle aziende sono solo apparenti e parziali, dunque ci sarebbe ancora molta strada da fare.
Dopo Italia, Australia, Inghilterra, Canada e Stati Uniti la classifica “rompiscatole” di Greenpeace è arrivata anche in Francia. Il mercato del tonno francese evidenzia come l’industria si sia mossa ben poco verso una maggiore sostenibilità nella pesca del tonno e nella produzione di tonno in scatola.
Agli ultimi posti della classifica francese troviamo Petit Navire, marchio del colosso MWB, che possiede nel Regno Unito il marchio John West e in Italia Mareblu. Greenpeace lo definisce un colosso anche nei doppi standard, dato che, mentre in Italia e nel Regno Unito si era impegnato negli scorsi anni ad avere entro il 2016 nel 100% dei propri prodotti tonno sostenibile, ora si scopre che in Francia non vi è ombra di tale impegno, e alcune delle flotte da cui arriva il tonno sono state coinvolte in episodi di pesca illegale.
La classifica del Rompi-scatole pubblicata da Greenpeace in Italia dove MareBlu figurava tra i più virtuosi
Secondo un’indagine svolta da Greenpeace nei supermercati italiani, anche nel nostro Paese Mareblu non sta facendo abbastanza. La maggior parte del tonno continua a essere tonno pescato con reti a circuizione, senza alcuna garanzia chenon vengano usati dei sistemi di aggregazione per pesci (FAD) che causano la cattura accessoria di squali, tartarughe e balene. Meno del 4% dei prodotti esaminati indica in modo chiaro che il tonno è stato pescato “a canna”, uno dei metodi dal minor impatto ambientale (anche se ovviamente è comunque inaccettabile dal punto di vista della difesa dei diritti degli animali).
“Le aziende devono dimostrare di mettere in pratica le loro promesse, e di farlo allo stesso modo nei diversi Paesi. Greenpeace controlla con attenzione il loro comportamento e non permette che i consumatori siano presi in giro” – ha dichiarato Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeeace Italia.
Le grandi aziende del tonno non sono le sole ad applicare due pesi e due misure, prosegue Greenpeace. Nella classifica troviamo il tonno di due supermercati francesi, Carrefour e Auchan, leader nella distribuzione anche nel nostro Paese.
Si trovano al terzo e quarto posto nella classifica di Greenpeace Francia, perché il 10% del tonno che finisce nelle loro scatolette è pescato a canna, peccato che di questi prodotti non provenienti da pesca sostenibile – sostiene Greenpeace – non se ne trovi neanche uno in Italia. Carrefour si è impegnata a rinnovare la propria politica di acquisti nei prossimi mesi: speriamo che adotti precisi criteri di sostenibilità, e che valgano per tutti i mercati in cui è presente – ha aggiunto Greenpeace.
“I nostri oceani sono in crisi, e la maggior parte delle risorse di tonno sono oggetto di una pesca eccessiva e indiscriminata. Aziende leader del mercato mondiale, come MWB, Bolton, Carrefour o Auchan hanno la responsabilità di esserlo anche nel garantire la sostenibilità dei loro prodotti. Solo se riusciremo a cambiare la domanda che viene da Paesi forti consumatori di tonno, come la Francia e l’Italia, potremmo generare un vero cambiamento nelle flotte che operano in mare. Senzatonno non c’è futuro, n’è per i nostri oceani né per queste aziende” – ha aggiunto Monti.
Di fronte alla classifica di Greenpeace sul tonno in scatola francese, ecco la reazione immediata di Thai Union, che ha definito l’operato dell’associazione ambientalista ben poco corretto. Thai Union avrebbe assicurato di essere al lavoro sul miglioramento dei propri metodi di pesca, di fronte alle accuse di Greenpeace riguardo all’operato per la produzione di tonno in scatola in vendita in Francia.
Secondo Greenpeace, l’87% del tonno proveniente da Thai Union e Petit Navire è frutto di pesca eccessiva, una pratica insostenibile che mette a rischio gli stock ittici. Secondo Thai Union, Greenpeace non avrebbe tenuto conto dei dati forniti dalla stessa organizzazione e le informazioni comunicate sarebbero scorrette. Secondo Thai Union, infatti, l’80% del tonno di Petit Naivre proverrebbe da stock definiti sostenibili dalle organizzazioni regionali di gestione della pesca. Fino a che punto, dunque, arriva il doppio standard? Anche la definizione di stock sostenibili può risultare equivocabile o variabile da un Paese all’altro?
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Consulta qui la classifica del tonno in scatola di Greenpeace Francia.
Guarda qui Tonno in Trappola, la classificadi Greenpeace Italia sul tonno in scatola.
Marta Albè
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