Qual è il tonno più sostenibile? E qual è invece il marchio che in Italia ha promesso di più ma mantenuto meno? Greenpeace ha reso nota la quarta edizione della classifica “Rompiscatole” in cui valuta la sostenibilità del tonno in scatola venduto in Italia. AsdoMar sale in fascia verde mentre Mareblu è in fondo
Qual è il tonno più sostenibile? E qual è invece il marchio che in Italia ha promesso di più ma mantenuto meno? Greenpeace ha reso nota la quarta edizione della classifica “Rompiscatole” in cui valuta la sostenibilità del tonno in scatola venduto in Italia. AsdoMar sale in fascia verde mentre Mareblu è in fondo.
A due anni dall’ultima classifica, alcune aziende secondo l’associazione si stanno impegnando seriamente per contrastare la pesca distruttiva. Questo impegno ha permesso loro di scalare la graduatoria, arrivando tra i primi della classe.
Tra essi SdoMAR, Esselunga e Conad. Rio Mare, leader del mercato italiano, è in quarta posizione perché seppur mostrando di voler mantenere gli impegni, secondo Greenpeace non avrebbe fatto ancora abbastanza.
Sono stati 11 i marchi oggetti di analisi, pari all’80 per cento del mercato italiano. La loro valutazione si è basata su politiche di acquisto, trasparenza e adozione di precisi criteri di sostenibilità ambientale e sociale.
I risultati mostrano che le richieste dei consumatori, sempre più attenti a queste tematiche, stanno influenzando il mercato italiano del tonno in scatola, orientandolo verso una pesca più sostenibile.
Per la prima volta, un marchio venduto in Italia, ASdoMAR, è salito in fascia verde grazie alle azioni intraprese per mettere nelle sue scatolette tonno pescato con tecniche sostenibili, come la pesca a canna, usata nel 30 per cento delle sue produzioni.
Subito dopo troviamo Esselunga e Conad, in fascia arancione grazie ai progressi fatti per evitare i metodi di pesca più distruttivi, anche se per garantire davvero i consumatori questi marchi dovranno esigere dai loro fornitori informazioni dettagliate sui metodi di pesca.
Al quarto posto troviamo Rio Mare, leader assoluto in Italia per quota di mercato. Questo marchio anche se ha dimostrato di lavorare per aumentare la produzione da pesca sostenibile, in gran parte delle sue scatolette mette ancora tonno pescato con metodi distruttivi.
Ecco la classifica:
Capovolgendo la classifica, tra i peggiori troviamo Mareblu, declassato in fascia rossa. Ad oggi solo lo 0,2 per cento dei suoi prodotti è pescato in modo sostenibile. Inoltre, gran parte delle sue scatolette contiene tonno pescato con reti a circuizione usate con sistemi di aggregazione per pesci (FAD), che svuotano i nostri mari uccidendo ogni anno migliaia di giovani esemplari di tonno e numerosi animali marini, tra cui squali e tartarughe.
Inoltre, rivela Greenpeace, la Thai Union, dal 2010proprietaria del marchio Mareblu, è stata recentemente coinvolta in uno scandalo internazionale che riguarda la violazione dei diritti umani lungo le sue filiere di produzione. Per questo, Greenpeace ha lanciato una petizione, chiedendo a Mareblu di rispettare gli impegni presi:
“Eliminare dalle proprie scatolette tonno proveniente da pesca distruttiva e dare garanzie sulla tutela dei diritti dei lavoratori”.
Dal prossimo anno grazie alla campagna sul tonno, dieci delle undici aziende presenti in classifica indicheranno sulle scatolette il nome della specie e l’area di pesca, anche in assenza di un obbligo di legge.
“Molte aziende hanno ormai capito che sempre più consumatori privilegiano prodotti che non danneggiano l’ambiente. Mareblu continua invece a comportarsi in modo irresponsabile, tradendo la nostra fiducia: deve rispettare subito gli impegni presi, eliminando metodi di pesca distruttivi e garantire una pesca equa nel completo rispetto dei diritti umani”, ha detto Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia.
Nel nostro Paese ogni anno vengono consumate 144 mila tonnellate di tonno, per un giro di affari che supera il miliardo di euro.
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Francesca Mancuso
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