Da dove arriva il riso che i consumatori trovano sugli scaffali italiani? Un pacco su 4 è straniero, ma le etichette finora non hanno permesso di notarlo in maniera chiara.
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Da dove arriva il riso che troviamo sugli scaffali italiani? Un pacco su 4 è straniero e il 2016 fa registrare un record di importazioni. Finalmente però scatterà l’obbligo a riportare l’origine sulle etichette, per consentire al consumatore di riconoscere il vero Made in Italy.
Record di importazioni di riso nel 2016
Secondo il Dossier #SosRisoItaliano di Coldiretti, le importazioni di riso dal Vietnam sono quadruplicate (+346%). Grandi quantità arrivano da India (34 mln di kg), Pakistan (25 mln di kg) e Cambogia (17 mln di kg). Mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nel 2016. È una vera invasione da Oriente: da questa zona proviene quasi la metà delle importazioni, che hanno raggiunto il record storico di 244 mln di kg.
Gli agricoltori protestano da tempo non solo perché ormai un pacco di riso su 4 è straniero, ma anche perché il consumatore finora non ha potuto saperlo e non è riuscito a compiere scelte di acquisto consapevoli a causa della mancanza di un’etichettatura chiara ed efficace a difesa del Made in Italy.
L’aumento delle importazione ha fatto scattare 11 allerte sanitarie
Il problema a monte è stato l’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi). Il riso lavorato importato in Europa senza essere sottoposto a dazi è passato dal 35% del 2008/2009 al 68% del 2015/2016. Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano il lavoro anche minorile e impiegano intensivamente prodotti chimici vietati in Europa con danni sulla salute e sull’ambiente. E il pericolo per i consumatori italiani ed europei è che con le importazioni extracomunitarie sono scattate anche 11 allerte sanitarie da contaminazione per il riso e i prodotti a base di riso in Europa. Nelle partite “fuorilegge” si trovano residui antiparassitari, di aflatossine cancerogene o altre tossine oltre i limiti, infestazioni da insetti, livelli fuori norma di metalli pesanti o la presenza di OGM proibiti in Italia e in Europa.
Il crollo della produzione in Italia
Le importazioni sconsiderate di riso lavorato dall’Oriente hanno fatto crollare la produzione in Italia dove le semine si spostano sulla varietà japonica con gravi squilibri di mercato che spingono nello stato di crisi anche questo segmento produttivo. La produzione nazionale – sostiene la Coldiretti – sarebbe più che sufficiente per coprire i consumi interni ma, a causa della mancanza di un adeguato sistema di etichettatura, è stato possibile speculare sulle importazioni low cost ad alto rischio, spacciando il riso straniero per italiano.
Sarà obbligatorio indicare in etichetta l’origine dei prodotti a base di riso
Il Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha accolto le richieste e annunciato la firma assieme al Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, del decreto per sperimentare l’origine dei prodotti a base di riso nell’etichetta. Oltre all’obbligo dell’origine, l’Italia chiederà a Bruxelles l’attivazione della clausola di salvaguardia per bloccare le importazioni di riso dai Paesi che godono del sistema tariffario a dazio zero nonostante utilizzino in maniera intensiva pesticidi vietati da anni nella Ue e sfruttino il lavoro minorile. Partirà anche un piano straordinario per la promozione e l’informazione sul riso italiano per rimediare all’immobilismo dell’Ente Risi, spiegano da Coldiretti.
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Tutto questo per difendere un settore in cui l’Italia peraltro è primo produttore europeo, grazie alla coltivazione su un territorio di 234.300 ettari, per una produzione di 1,58 milioni di tonnellate (49 % dell’intera produzione UE) realizzata grazie a 4.300 aziende risicole e circa 100 industrie risiere per un volume di affari di circa 1 miliardo.
Un terzo della spesa italiana è anonima
La legge n.204 del 3 agosto 2004 impone l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti. Ma oltre 1/3 della spesa degli italiani è ancora anonima: 2 prosciutti su 3 sono venduti come italiani ma provenienti da maiali allevati all’estero; un pacco di pasta su 3 è fatto con grano straniero senza indicazione (in attesa dell’ok di Bruxelles al decreto per l’introduzione dell’etichetta d’origine), i succhi di frutta o il concentrato di pomodoro sono prodotti con ingredienti cinesi e vale anche per il pane.
Anna Tita Gallo