Ricordate la frode del prosciutto di Parma e San Daniele, ovvero di maiali allevati in Italia ma figli di scrofe inseminate con maiale danese e poi una volta diventati salumi spacciati per DOP italiani e pagati a peso d’oro al chilo? Una frode che sarebbe ancora in essere e per niente smantellata.
Ricordate la frode del prosciutto di Parma e San Daniele, ovvero di maiali allevati in Italia ma figli di scrofe inseminate con maiale danese e poi una volta diventati salumi, spacciati per DOP italiani e pagati a peso d’oro al chilo? Una frode che sarebbe ancora in essere e per niente smantellata.
“Terminata la stagionatura, se andrete ad acquistare un prodotto marchiato Parma, rischierete una volta su tre di essere frodato”. Si torna a parlare di Prosciuttopoli, dopo l’inchiesta di Report ‘La porcata’ di Emanuele Bellano con Alessia Cerantola e Greta Orsi. Documenti esclusivi, secondo i tre giornalisti, dimostrerebbero che la frode è ancora in essere.
“Parma e San Daniele sono il fiore all’occhiello della produzione italiana di salumi. Ogni anno generano un volume d’affari di circa un miliardo di euro e rappresentano la gastronomia italiana in tutto il mondo. Per essere immessi in commercio devono ricevere il marchio DOP del consorzio di tutela che supervisiona la produzione, e garantisce che il disciplinare, cioè il rigido regolamento definito e codificato in secoli di tradizione, sia rispettato”, dice Report.
Ma lo scorso anno, un’indagine condotta dalle procure di Torino e Pordenone ha portato alla luce un’altra realtà: circa un milione di prosciutti di Parma e San Daniele sequestrati e 140 allevamenti di suini sotto inchiesta in una vera e propria ‘prosciuttopoli’ con reati come associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio, falso, contraffazione dei marchi e truffa ai danni dell’Unione europea.
La truffa era iniziata nel 2014 ed ecco cosa prevedeva: l’utilizzo di maiali danesi non ammessi dal regolamento. “In totale i prosciutti a cui è stato revocato il marchio DOP sono circa il 20 per cento della produzione annua di Parma e San Daniele”, dice Report.
La novità adesso è che la trasmissione è entrata in possesso di un documento esclusivo, ovvero un elenco di 4.617 partite di maiali macellati per il circuito della DOP (Prosciutto di Parma e Prosciutto di San Daniele). In totale riguardano circa 500 mila maiali e quindi circa un milione di cosce di prosciutto.
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Nell’ultima colonna ognuna delle 4.617 partite in questione ha un peso vivo medio dei maiali macellati superiore ai 176kg. Ma secondo il disciplinare i suini dovrebbero avere un peso medio di 160 più o meno 10%.
“Significa che le partite di maiali destinate ai circuiti DOP del Parma e del San Daniele non possono superare il peso medio di 176kg al momento della macellazione (176kg = 160kg più il 10% cioè 16kg)”, dice ancora Report.
Di fatto, quindi, secondo Report, tutte le 4.617 partite di maiali contenute in questo documento non rispettano il disciplinare e pertanto non dovrebbero essere usate per produrre prosciutti DOP (Parma e San Daniele).
“Eppure (colonne “E”, “F”, “G”) risultano avere tutte un certificato CUC (Certificazione Unificata di Conformità), documento redatto da allevatore e macellatore che attesta che quei suini rispondono ai requisiti previsti per le DOP, compreso ovviamente il limite di peso di macellazione non superiore ai 176kg. Pur dovendo essere esclusi dalla DOP questi prosciutti a quanto pare sono invece stati avviati a stagionatura e diventeranno prosciutti di Parma e di San Daniele”.
Ricordiamo che il limite di peso dei suini nelle DOP non ha un valore formale ma sostanziale in quanto può essere spia dell’utilizzo di genetiche non ammesse (per esempio “Duroc Danese”) e di una non soddisfacente qualità della carne. Secondo Bellano, infine, la questione è nota a chi deve certificare e controllare la filiera.
“Nelle mail uno dei membri del Consiglio Direttivo dell’Istituto Parma Qualità scrive che se si iniziasse a far rispettare la legge, per ogni suino macellato superiore ai 176kg di peso, oltre all’esclusione dal circuito DOP, bisognerebbe pagare una multa di 2.000 euro. L’email si conclude dicendo che “a breve saremo tutti in multa oltre la denuncia per frode!”
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