Abbiamo raccolto alcuni dei più eclatanti casi di frodi alimentari che riguardano sia prodotti biologici che convenzionali e di tentativi da parte delle multinazionali di brevettare le sementi e di impadronirsi delle coltivazioni locali.Si tratta di prodotti tipici ed ecologici "sfruttati" o contraffatti dalle grandi aziende, in alcuni casi al punto da renderli completamente insostenibili.
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Domenica 12 ottobre è entrato in vigore il Protocollo di Nagoya, ratificato da 51 Paesi per fermare la biopirateria. Ma molti piccoli produttori agricoli lottano già da anni per difendere la biodiversità e l’autenticità degli alimenti coltivati secondo la tradizione.
Ecco perché scegliere le filiere corte, locali, sostenibili e del commercio equo acquista un’importanza vitale per difendere la biodiveristà e il lavoro degli agricoltori onesti.
Si tratta di prodotti tipici ed ecologici “sfruttati” o contraffatti dalle grandi aziende, in alcuni casi al punto da renderli completamente insostenibili.
Il te’ Lipton ai pesticidi
Pesticidi nel tè Lipton venduto in Cina. Il marchio appartiene alla multinazionale Unilever. Greenpeace aveva rivelato la scomoda verità qualche tempo fa. In alcuni campioni era stata individuata la presenza di pesticidi banditi dall’Unione Europea. Una delle sostanze ritrovate, chiamata Bifenthrin, secondo gli esperti potrebbe interferire nella produzione degli ormoni maschili. Greenpeace ha richiesto a Lipton l’immediata riduzione delle sostanze dannose impiegate nella produzione di tè e l’introduzione di maggiori controlli sulla qualità.
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Il grano khorasan di Kamut®
Il termine Kamut® non indica un cereale ma un marchio registrato che l’omonima società ha imposto al grano khorasan coltivato in Canada. In questo modo ne ha, in buona sostanza, l’esclusiva. Ognuno è libero di scegliere se acquistare questo cereale, che probabilmente non risale all’antico Egitto come vorrebbero farci credere. Ma è bene sapere che alcuni grani antichi vengono coltivati anche in Italia. Una varietà di grano khorasan non registrata dal marchio Kamut si trova ad esempio in regioni come Abruzzo, Basilicata e Campania, dove troviamo il grano Saragolla. Altra varietà di grano antico italiano è il Senatore Cappelli. Riscopriamo anche il farro, la segale e l’orzo di coltivazione nostrana. Cerchiamo sempre di dare la preferenza a piccole realtà locali e dell’agricoltura biologica.
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La quinoa insostenibile
La coltivazione della quinoa sta diventando insostenibile? Dal 2006 ad oggi il prezzo della quinoa è triplicato. I consumatori sono disposti a pagare di più per un alimento benefico ed “esotico”, ma quanto guadagnano realmente i contadini che si occupano della sua coltivazione? Stiamo forse sfruttando il lavoro degli agricoltori locali e i loro terreni? La soluzione è scegliere quinoa bio e solidale, che non venga coltivata sfruttando l’ambiente e i lavoratori. Qui, ad esempio, trovate le informazioni messe a disposizione da Altromercato sulla quinoa del commercio equo e solidale coltivata secondo l’agricoltura bioologica.
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Il falso olio extravergine bio
I prodotti biologici sono purtroppo sempre più al centro di truffe e frodi. Lo scorso settembre i NAC hanno sequestrato 250 litri di olio extravergine d’oliva falso. Veniva etichettato come biologico ma non era nemmeno adatto all’alimentazione. Si trattava di olio lampante, cioè di un olio di qualità molto scarsa, che in passato sarebbe stato utilizzato per le lampade ad olio, non di certo in cucina. L’individuazione delle frodi nel biologico è comunque il segno che gli organismi di controllo e gli enti di certificazioni sono sempre operativi per difendere le aziende e i consumatori e per contrastare la criminalità.
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La stevia
Le multinazionali non hanno perso tempo nell’allungare i propri tentacoli verso un dolcificante naturale come la stevia. L’esempio più evidente è la bibita Coca Cola Life o i dolcificanti a base di stevia di Dietor e Misura. Il suo contenuto di stevia non basta di certo a renderla green e naturale. Possiamo coltivare la nostra piantina di stevia sul balcone, così come possiamo acquistare il dolcificante naturale presso piccoli produttori italiani. In Argentina, ad esempio, proprio per contrastare le multinazionali è nato un progetto per coltivare la stevia in modo sostenibile.
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Il vino francese ai pesticidi
Il problema dei pesticidi proibiti ha raggiunto anche il vino francese, sia convenzionale che biologico. Di recente gli esperti hanno identificato pesticidi multipli, comprese sostanze proibite. I vini da agricoltura biologica avrebbero dovuto esserne del tutto privi, dato che l’impiego di pesticidi nei vigneti bio è vietato. È possibile che una contaminazione delle uve da vino si verifichi per via della vicinanza tra vigneti coltivati secondo l’agricoltura biologica e vigneti convenzionali? L’importante è che i controlli siano sempre regolari per tutelare i consumatori e di certo il biologico è molto più monitorato rispetto alla produzione convenzionale.
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Il rooibos di Nestle’
Conosciamo il rooibos soprattutto come infuso, ma i suoi impieghi raggiungono anche la cura della pelle e dei capelli. Un’inchiesta condotta dalla Dichiarazione di Berna e da Natural Justice ha rivelato che cinque domande di brevetto sul Rooibos depositate da Nestlé nel 2010 per quanto riguarda l’impiego del rooibos in prodotti cosmetici e nutraceutiici contravvenivano alla legislazione sudafricana e alla Convenzione sulla Biodiversità.
Il riso basmati di RiceTec
La bipirateria ha colpito anche il riso basmati. Già nel 2000 Action Aid aveva lanciato una campagna per arginare il fenomeno. RiceTec ha depositato un brevetto per una particolare tipologia di riso basmati ottenuta dalla combinazione con una varietà di riso americana. Era il 1997 e RiceTec si difendeva dalle accuse sostendendo che questo brevetto su una sola varietà non avrebbe leso la grane produzione di riso basmati. Una difesa debole. Grazie al boicottaggio e alle proteste dei contadini, infatti, in seguito il brevetto sarebbe stato revocato.
Le melanzane di Monsanto
Monsanto avrebbe cercato di creare nuove sementi a partire da una varietà di melanzane coltivata in India da generazioni e ottenuta dopo numerosi incroci curati dagli agricoltori localo nel corso del tempo per ottenere alimenti migliori e ortaggi più resistenti. In India la multinazionale americana è stata accusata di bipirateria, un caso più unico che raro per Monsanto, che pare abbia portato alla vittoria degli oppositori indiani agli Ogm. Qui l’approfondimento di Le Monde.
La soia bio ai pesticidi
A giungo del 2013 nel nostro Paese è scattato un maxi sequestro che ha avuto come oggetto la soia contaminata da pesticidi altamente tossici. Non solo non avrebbe potuto essere venduta come soia bio, ma nemmeno come prodotto alimentare convenzionale. È importante ricordare che la necessità di incrementare la coltivazione di soia – che potrebbe portare anche all’impiego di sostanze tossiche o illegali – è strettamente legata alla produzione di mangimi destinati agli animali da allevamento. Scegliamo sempre soia e prodotti a base di soia italiani e garantiti senza Ogm, con materie prime provenienti da filiera corta italiana.
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Marta Albè
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